Non c’è bisogno di fare parte della categoria degli osservatori attenti per notare il nuovo affaccio sul mare ricavato ormai da alcune settimane lungo viale Africa, a due passi dall’area del centro fieristico delle Ciminiere di piazzale Rocco Chinnici. Merito dei lavori di demolizione dell’ex palazzo delle poste. Un mostro di ferro e cemento che per decenni è stato uno dei tanti simboli di immobilismo e degrado del capoluogo etneo. Al suo posto, entro il 2023, dovrebbe nascere la nuova cittadella giudiziaria. Il progetto, presentato dalla Regione Siciliana con in testa il presidente Nello Musumeci, è stato illustrato alla stampa a luglio dello scorso anno. Da allora sono stati quasi sette mesi di passione nonostante i lavori di demolizione siano ormai conclusi. In molti vorrebbero infatti che quello che oggi è solo un affaccio sul mare improvvisato e inaccessibile diventi a tutti gli effetti una piazza con del verde. Così da spezzare il paradosso di una città costiera in cui però è quasi impossibile vedere le onde.
Per capire come finirà questa storia bisognerà aspettare l’esito di un ricorso deposito al tribunale amministrativo regionale dal Movimento 5 stelle. Ultimo atto di una battaglia politica e giudiziaria cominciata nell’aula consiliare di Palazzo degli elefanti con un’interrogazione del consigliere pentastellato Graziano Bonaccorsi. «La realizzazione di questo immobile in quel punto della città è una follia – ribadisce a MeridioNews – Un particolare compreso dai cittadini ma verso cui l’amministrazione comunale e regionale si ostina ad andare avanti. Basti pensare a quello che succede al viale Africa con eventi come Etna Comics o durante i test d’ingresso dell’università di Catania». I riferimenti del vice presidente della commissione Urbanistica sono al pericolo traffico, in una zona che segna anche la presenza dell’istituto comprensivo Sante Giuffrida. Ma il problema non è solo per auto e attese.
Nel ricorso, lungo 26 pagine e curato dagli avvocati Carmelo Giurdanella e Marco Antoci, vengono elencate una serie di presunte criticità. A partire dalla documentazione con cui è stata avviata e conclusa la procedura di autorizzazione del progetto, passata dal Provveditorato interregionale per le opere pubbliche di Sicilia e Calabria agli uffici del Genio civile di Catania. C’è poi un profilo di presunta incompetenza della stazione appaltante «per un grande opera pubblica di prevalente interesse nazionale». La titolarità sull’opera secondo il ricorso non poteva essere in campo a un organismo regionale. Un vizio che, se valutato dai giudici come tale, potrebbe portare all’annullamento per incompetenza di tutti i provvedimenti adottati.
La gestazione che potrebbe portare alla nuova cittadella ha una storia lunga e intricata. Un capitolo è riservato anche alla cessione del bene dal Comune, che lo aveva comprato con fondi dello Stato con un accordo firmato nel 2001, al demanio e successivamente al ministero della Giustizia. Una procedura che secondo Bonaccorsi avrebbe peccato di trasparenza. «Siamo in attesa dell’esito del ricorso – spiega a MeridioNews la deputata regionale M5s Gianina Ciancio – Uno degli aspetti di questa vicenda è anche quello delle legge regionale di riferimento che prevede che l’assessorato possa fare delle varianti in deroga al Piano regolatore generale. Quella che è passata per un semplice parere dal Consiglio comunale non è dotata di tutti gli elementi necessari per essere valutata in modo approfondito. I nostri consiglieri, proprio durante la discussione del documento, hanno fatto emergere l’assenza di alcuni incartamenti fondamentali».
«Altro aspetto è la questione politica – continua Ciancio – In quell’area vedremmo meglio un parco urbano con del verde e non ulteriore cemento». Anche quest’ultimo punto è stato inserito nel ricorso al tribunale amministrativo. Secondo i numeri contenuti nel documento Catania sarebbe carente di quasi due milioni di metri quadri di verde pubblico. Sull’ex palazzo delle Poste alcune decisioni sono state già prese. Una di queste riguarda la gara per la demolizione del valore di circa tre milioni di euro. Secondo il Tar di Catania la Regione ha applicato una legge sbagliata per l’aggiudicazione, disponendo il risarcimento alle ditte ricorrenti per il mancato introito.
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