«L’ho scoperto per caso, quando si è sparsa la voce di queste richieste di concedere il passaggio per nuove condotte del gas». Nella contrada Scunchipani, a Sciacca, da settimane a tenere banco è il progetto di trasformazione avviato dallo stabilimento un tempo chiamato Kronion e da un decennio di proprietà di My Ethanol, società con sede legale nel centro di Milano che nella contrada gestisce una distilleria. L’amministratore unico è il 50enne Sergio Moncada, fratello minore di Salvatore, numero uno della Moncada Energy Group, colosso del settore delle rinnovabilii con business anche in Africa.
My Ethanol, nel 2017, ha avviato il rilascio dell’autorizzazione unica ambientale (Aua), documento riservato alle piccole e medie imprese per attività che non richiedono l’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale. Nel caso dell’Aua a esprimersi sono il Comune e l’ex Provincia. All’origine della richiesta da parte della società c’è stata la volontà di estendere l’attività di produzione di alcol, ampliando le materie prime trattate: non più solo vinacce, legate inevitabilmente alla stagione viticola, ma anche melasso di barbabietola e pastazzo di agrumi. A ciò si è aggiunta anche la presentazione di un progetto per la produzione di biogas destinato alla vendita, tramite appunto l’allaccio alla rete di distribuzione – da queste parti, infatti, passa il gasdotto che parte dalla Libia – e la produzione di syngas, sostanza gassosa che si ricava tramite l’uso di gassificatori.
Pochi mesi dopo l’ok delle istituzioni, la società ha presentato correttivi al progetto, sotto forma di «modifica non sostanziale». Formula quest’ultima che intende una revisione all’impianto che non comporta mutamenti sul piano dell’impatto ambientale. Nello specifico, My Ethanol ha chiesto di sostituire l’uso del pastazzo e del melasso con materie cellulosiche. Tra esse residue di colture alimentari e foraggere, come la paglia o gli steli di granoturco, colture erbaceee, per esempio la canna, rifiuti organici e residui industriali, di natura organica.
È su questo punto, oltre che sui dati numerici inseriti nel progetto, che residenti e ambientalisti hanno iniziato a sospettare che la società possa essere intenzionata a spostare il proprio business locale dall’alcol alla gestione dei rifiuti. «A destare preoccupazione non è tanto l’impianto in sé ma le quantità in gioco – dichiara Mario Di Giovanna del comitato Piana Scunchipani a MeridioNews -. Oltre 44mila tonnellate al mese di vinacce sono quantità enormi, se si considera che la frazione organica di rifiuti prodotta a Sciacca in un anno è di 6900 tonnellate». Le cifre che hanno allarmato la popolazione riguardano anche quelli riguardanti la produzione di syngas, ottenuto tramite pirolisi, procedimento che contempla una parziale combustione e dunque la potenziale produzione di sostanze inquinanti. «Anche qui ci sono in gioco quantità enormi, nella relazione presentata si parla di tremila metri cubi all’ora – continua Di Giovanna -. Ma a preoccupare è stata anche la variazione delle matrici vegetali in ingresso, con la sostituzione del pastazzo di arance e del melasso di barbabietola con materiale cellulosico. Quest’ultimo, a meno di processi innovativi di cui però nella documentazione in nostro possesso non c’è traccia, mal si conciliano col processo produttivo di una distilleria in quanto dalla cellulosa è estremamente difficile produrre alcool».
Tali rilievi hanno portato nei giorni scorsi alla convocazione prima di una seduta dedicata del consiglio comunale e poi, ieri mattina, a un nuovo incontro in cui l’amministrazione comunale ha deciso di incaricare un esperto per studiare il procedimento che ha portato alle autorizzazioni. Chi invece non era presente nell’aula consilaire è Salvatore Moncada. Il patron della holding ha deciso di non rispondere all’invito. «Partecipare a un incontro sapendo di trovarsi davanti persone con idee già precostituite non aveva senso – commenta l’imprenditore a MeridioNews -. La scelta di non andare è derivata soltanto da questo. Ho sentito dire che il progetto sarebbe stato nascosto, lo trovo assurdo dato che è stato per mesi a conoscenza degli uffici».
Secondo Moncada, le apprensioni per l’impatto ambientale sono immotivate. «Sono tecnologie che non inquinano e i pareri che abbiamo ricevuto per ottenere l’autorizzazione lo confermano – aggiunge l’imprenditore -. Spesso chi critica non conosce bene la materia. Per esempio, non è vero che da materie cellulosiche non si possa estrarre alcol. Esistono enzimi che servono proprio a questi scopi». L’imprenditore agrigentino interviene poi sulla questione relativa alle quantità di materia prima trattata: «Quelle 44mila tonnellate sicuramente conteggiano il peso dopo il primo trattamento». Si tratta del procedimento denominato vinellazione: «Consiste nella miscelazione della vinaccia con acqua, finalizzata alla produzione di un fluido zuccherino», si legge nella relazione presentata dai tecnici di My Ethanol. Tuttavia, guardando lo schema che sintetizza il ciclo di produzione mensile, le oltre 40mila tonnellate vengono indicate non solo prima dell’ingresso nel vinellatore ma ancor prima di finire nell’area di stoccaggio delle vinacce ancora non lavorate.
Per quanto riguarda invece le quantità di syngas prodotte, Moncada sostiene che il numero che compare nello schema sia inesatto: «Tremila metri cubi all’ora? C’è per forza un errore, forse uno zero in più – risponde -. Anche perché, le dico, se fossero davvero tremila, anziché usarlo solo per alimentare la caldaia e l’essiccatoio dello stabilimento li sfrutterei per produrre energia». Escluso in ogni caso un uso che non sia interno all’azienda, nonostante in un altro schema – quello a blocchi – venga specificato che il gas di sintesi sarà destinato alla vendita. «Impossibile, lo dice la legge – ribatte Moncada -. Il motivo di quello schema? Credo che dipenda dal fatto che, quando abbiamo presentato il progetto, non era ancora chiaro quale tipo di gas potesse essere ceduto alle reti di distribuzione». MeridioNews ha contattato uno dei tecnici che si sono occupati di esaminare la richiesta di modifica dell’Aua fatta l’anno scorso da My Ethanol, ma non è stato possibile avere delucidazioni sui presunti refusi contenuti nella relazione. «Non lavoro più in quell’ufficio, non posso aiutarla», ha chiosato il funzionario.
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