Normalmente deve e vuol far ridere, ora invece si confronta con il grande cinema e i ruoli drammatici. Ezio Greggio riceve il "Taormina Art Award" per linterpretazione nel film di Pupi Avati, "Il Papà di Giovanna". Ieri ha tenuto una lezione-incontro con studenti e appassionati del grande schermo
Scherzi a parte
“Ogni estate andavo negli Stati Uniti per vivere il cinema da vicino e frequentare i tanti addetti ai lavori che ho avuto la fortuna di conoscere. Tornavo in Italia tutto pallido, al contrario dei miei colleghi di ritorno dalle Maldive…”
Chi non l’ha visto ne “Il Papà di Giovanna” di Pupi Avati – per il quale domenica ha ricevuto il “Taormina Art Award” – può difficilmente immaginare che questa affermazione venga da Ezio Greggio, uno dei più popolari showman italiani degli ultimi tempi che ha riscosso successo e consenso a valanga per la conduzione ormai storica di “Striscia la Notizia” e per tanti film e “cinepanettoni”, ma che non ha mai accostato la sua passione per la commedia con le cosiddette interpretazioni impegnate.
Chi invece, l’ha visto recitare nei panni del gerarca fascista Sergio Ghia al fianco di attori “seri” del calibro di Silvio Orlando e Francesca Neri, ha assorbito con meno stordimento questa e molte altre affermazioni che il popolare conduttore ha pronunciato durante l’incontro con studenti e appassionati di cinema, alla sala A del palazzo dei Congressi di Taormina.
Chi si aspetta solo battute e gag, sente invece citare Walter Chiari e Renato Rascel, Costa Gavras e John Landis…
Meglio un cinema che un supermercato
“Nel mio paese, Cossato, l’unico cinema che c’era si chiamava Micheletti, come il proprietario. Lì andavo a vedere i film, e fu proprio li che vidi tutti i più grandi. Da Totò a Mel Brooks, del quale poi diventai amico. Anni e anni dopo, quando io cominciai la mia carriera in televisione venni a sapere che quel cinema stava per chiudere per far posto a un Supermercato. Volli far qualcosa per far sì che anche altri giovani ragazzi potessero ancora avere la possibilità di sognare, come avevo fatto io davanti allo schermo. E soprattutto non volevo che le tavole di quel palcoscenico diventassero pezzi per il caminetto di qualcuno”.
Siamo tutti nipoti di Totò
“Vedevo tanto cinema da giovane, e Totò mi appassionava molto”. È al principe De Curtis che Greggio ammette infatti di pensare quando si trova solo con se stesso. “Siamo tutti un po’ legati a questo grande attore e grande uomo, ma anche a Tognazzi Gassman, Sordi, Manfredi.
Rivela anche un curioso aneddoto: “Ogni volta che devo girare un film, la notte che precede il primo ciak sogno Totò. Arriva a casa mia, dove abitavo da ragazzo, un po’ sgualcito e impolverato, suona il campanello e io scendo e cominciamo a camminare a braccetto. Cosa ci diciamo però non ve lo dico, rimane tra me e lui…”.
Il superfluo del Cinema
Qui, Ezio Greggio parla da produttore. Dei suoi film, fiction e spot televisivi. Tiene in particolar modo a un concetto che gli è rimasto ben impresso in mente dopo un incontro con il regista americano Roger Corman, che gli disse: “al cinema tutto ciò che non va a finire sullo schermo è superfluo”. Continua, rivolgendosi ai giovani produttori e registi indipendenti; “spendete gli euro del vostro budget preoccupandovi di farli finire tutti sullo schermo, risparmiando sul resto”.
Preparate le valigie
Non ci pensa due volte a consigliare a chi studia nelle città e paesi della provincia italiana a fare come lui. E allora valigie in mano e via alla volta di città come Roma e Milano, dotate delle strutture e scuole adeguate per studiare cinema e iniziare una vita che “è fatta di incontri; magari studi Cinema e conosci qualcuno. Conosci qualcuno che ha un amico che sta iniziando le riprese di un film, e allora vai e cominci con la gavetta. Non abbiate paura di fare la gavetta. Il cinema si fa facendo la gavetta. Il cinema si fa faticando. Il cinema si fa con la lotta”.
Troppi Reality Show
L’anima dello showman e del comico non resiste, ecco che allora scappa la battuta. A chi gli chiede dove e a chi debbano oggigiorno rivolgersi i giovani di talento, Greggio risponde: “in estate vadano a Villa Certosa….”.
Poi, tornando serio: “…bisogna capire cosa si intende per talento. Spesso arriva gente che non ha alcuna idea di cosa sia la dizione, la recitazione, il canto o il ballo”. A parer suo la causa sono i troppi modelli sbagliati lanciati dalla televisione. “Questo perchè siamo pieni di reality show di merda. Incentivano l’apparire piuttosto che l’essere. Cosa fa uno che esce fuori dal grande fratello? Ci sono anche degli esempi sani, ma nella maggior parte dei casi non è quella la strada per arrivare al successo, è solo una scorciatoia sbagliata”.
C’è spazio ancora per un lunga serie di aneddoti. Dalle molte frequentazioni americane, ai suoi film da regista e al rapporto con gli attori, su tutti quello con il bravo ma tremendamente smemorato Martin Balsam (attacavamo dei fogli con dei suggerimenti a tutte le pareti dei muri e io mi attaccavo perfino dei post-it in fronte, mi mettevo davanti a lui, così era impossibile che non sapesse la battuta). Ricorda “Sbam”, il primo lavoro dietro la macchina da presa realizzato con pochissimi soldi e con l’aiuto di alcuni amici, quasi trent’anni fa, e “Il silenzio dei prosciutti” grazie al quale rivendica orgoglioso di essere entrato nel Guinnes dei primati per il maggior numero di registi prestatisi per delle piccole parti.
Il popolare showman è candidato anche al Nastro d’Argento per il miglior attore non protagonista. Possibile dunque che, il prossimo 27 giugno, lo si riveda da queste parti. “Se dovessi vincere – dichiara – comprerò casa qui. Vengo spesso, ma facendo su e giù mi costa troppo…”