Corrono il rischio di venire rimandati in patria una parte dei migranti giunti sabato mattina sulle coste catanesi. Si tratta di alcuni nuclei familiari con una decina di bambini. Rifiutano il riconoscimento e al momento è impossibile anche per i mediatori culturali parlare con loro. Il Comune ha proclamato il lutto cittadino per mercoledì 14, giorno dei funerali delle sei giovani vittime, mentre proseguono le indagini per stabilire come sia stato possibile per il peschereccio eludere tutti i controlli in mare
Sbarco alla Playa, in 20 rischiano il rimpatrio Famiglie siriane rifiutano l’identificazione
Rischiano il rimpatrio immediato circa 20 dei migranti sbarcati sabato all’alba sul litorale della Playa. Si tratta di alcune famiglie di origini siriane che rifiutano l’identificazione e che per questo motivo non sono stati condotte al Cara di Mineo, come è accaduto invece per le altre persone che hanno condiviso il lungo viaggio in mare fino alle coste catanesi, costato la vita a sei giovani egiziani. «È un momento molto delicato, un passaggio difficile», spiega Claudia Urzì che fa parte del gruppo formato da Rete antirazzista, Catania bene comune, Experia, Arci e Osservatorio su Catania che, assieme ad alcuni esponenti di Sel, da sabato presidia la scuola Andrea Doria, in via Case sante, dove sono ospitati i migranti. Undici ieri sono riusciti a fuggire dalla struttura e adesso rimangono i nuclei familiari con circa dieci bambini. «Noi non li abbiamo mai lasciati soli – prosegue Urzì – Ieri grazie all’intervento dell’Arci è stato possibile far visitare i bambini da un pediatra».
«La situazione è complicata – conferma Matteo Iannitti di Catania bene comune – La prima sera, grazie alla collaborazione con il Comune, siamo riusciti ad entrare e farli parlare con alcuni interpreti, ma adesso si trovano da soli assieme alla polizia». I migranti non chiedono di rimanere in Italia, ma di raggiungere parenti e amici in nord Europa. Però, nel caso in cui fossero identificati nel nostro Paese, dovrebbero restarvi fino al completamento dell’iter burocratico legato al rilascio delle richieste di asilo. «Grazie all’interessamento del ministro Cécile Kyenge stiamo cercando di velocizzare le operazioni e stiamo cercando anche di convincerli a farsi identificare», continua Iannitti. Ma la situazione è in una fase di stallo. «Nemmeno ai mediatori che collaborano con la Prefettura è possibile avvicinarsi».
Intanto sono state identificate le sei vittime dello sbarco, tutte morte per annegamento. Si tratta di egiziani tra i 17 e i 27 anni. Uno di loro aveva tentato la traversata altre quattro volte in nove anni. L’ultimo rimpatrio risale allo scorso aprile; il quinto viaggio verso le coste europee gli è stato fatale. La tragedia ha scosso un’intera città nella quale non si era mai verificato un evento simile. Mercoledì 14, giorno in cui potrebbero svolgersi anche i funerali di quanti hanno perso la vita, l’amministrazione comunale ha proclamato il lutto cittadino.
E intanto prosegue anche l’indagine per capire come sia stato possibile per l’imbarcazione riuscire a raggiungere le coste catanesi eludendo ogni forma di sorveglianza. Secondo gli inquirenti, una nave madre avrebbe trascinato l’imbarcazione fino al largo delle coste siciliane. Poi lo scontro con il fondale sabbioso all’alba di sabato, a pochi metri dalla riva, e il tragico tentativo di raggiungere l’arenile. Sono stati fermati due egiziani di 16 e 17 anni con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in quanto indicati dai passeggeri come membri dell’equipaggio. Altri tre scafisti si sarebbero gettati in mare prima che le forze dell’ordine – avvisate dal proprietario del lido sul quale è avvenuto lo sbarco – raggiungessero il lungomare Kennedy.
Ma non si tratta dell’unico sbarco anomalo avvenuto negli ultimi giorni. Ieri un altro barcone con a bordo 80 persone si è arenato sulle coste della Locride, in Calabria. Anche qui, come accaduto a Catania, i migranti avevano tentato la fuga prima di essere raggiunti dai carabinieri.