Sbaraccare i fondi europei? No, il problema è lo Stato italiano…

Fondi europei: quanto sono utili per rilanciare le economie delle regioni più deboli? Secondo la nostra inchiesta sull’Ue, pubblicata in più puntate, ben poco. Nel dare-avere tra Unione Europea e Italia, il nostro Paese ci rimette un sacco di soldi. E ci rimetterebbe già un sacco di soldi anche nel caso in cui le quattro Regioni italiane ad Obiettivo convergenza riuscissero a spendere i cosiddetti fondi europei. Cosa che non si verifica, perché, dal 2007 ad oggi, le quattro Regioni del Sud del nostro Paese hanno speso appena il 20 per cento delle somme stanziate

Da qui la proposta lanciata dalle pagine di questo giornale: ovvero tornare agli interventi ordinari dello Stato, magari ripensando le tesi di Pasquale Saraceno, secondo il quale nel Mezzogiorno d’Italia lo Stato, con risorse aggiuntive rispetto agli interventi ordinari (infatti la dizione era: “Interventi straordinari nel Mezzogiorno”) deve realizzare le grandi infrastrutture, lasciando alle imprese e alle banche il compito far crescere l’economia.

Una tesi che ha suscitato un dibattito e che però non ha convinto tutti i nosri lettori, come Salvatore Catania, uno dei fondatori di Siciliani in Movimento, secondo cui lo Stato non è mai intervenuto per fare crescere realmente il Sud, nè mai lo farà. Leggiamo la sua riflessione:  

“Partiamo dalla Cassa del Mezzogiorno che, al di là degli intenti, impegnava solo lo 0,7% del Pil per uno strumento nato per colmare il divario infrastrutturale tra Nord e Sud. Questo divario era stato creato proprio dallo Stato italiano che, nel periodo post bellico, aveva scelto di modernizzare il paese non in maniera uniforme, ma in maniera progressiva e differenziata, procedendo, naturalmente, da nord verso sud. Così, ad opere importanti, come i collegamenti autostradali liguri, ricchi di costosissime opere d’arte, la capillare rete ferroviaria padana ecc. ecc., non seguirono le stesse realizzazioni in Calabria, in Basilicata o in Sicilia.
Con la scusa dell’apparente fiume di denaro che correva verso il Mezzogiorno, lo Stato italiano, non attuava nessun tipo di trasferimento ordinario, nello stesso identico modo in cui fa oggi, dopo avere trovato il modo di spostare fondi comunitari, destinati al Sud, verso altre aree geografiche.
Trasferimenti ordinari verso la Sicilia, seri, lo Stato italiano non ne farà mai  basta guardare alle politiche di Anas e Trenitalia, per averne la prova evidente. E allora ? Perchè continuare a prenderci in giro sperando che lo Stato italiano abbia la benchè minima intenzione di cambiare le cose?
Un altro modo di bloccare, in maniera scientifica, l’economia siciliana è stato quello di impedire che si impiegassero i fondi strutturali europei.
Le misure dei bandi Por vengono pubblicate dalla Regione Siciliana con date di scadenza impossibili da rispettare .. ed è già un miracolo , e sto parlando di enti locali pubblici non di privati, quando si riesce a rispettare la data scadenza , anche lavorando di notte senza essere pagati. E anche quando si riesce a rispettare la fatidica data, la possibilità di approfittare di questo salvagente economico viene vanificata in qualche altro modo ….

Ad esempio a Gela nel 2004 , dove il consorzio Asi era riuscito a progettare, e a rendere cantierabili, opere per una ventina di milioni di euro, grazie alla complicità di taluni personaggi che dovrebbero tutelare l’ambiente, è stata fatta una perimetrazione in piena zona industriale come area sottoposta a vincoli ambientali sic e zps ! Disegnando una sorta di ciambella dove al centro c’era … il petrolchimico ! E ai bordi parte delle serre dell’area trasformata. Riporto un estratto della direttiva comunitaria commentato: (normativa vigente per i fondi strutturali europei): 

“L’Unione Europea adotta una programmazione economica che ha una durata di 7 anni. Il nuovo periodo di programmazione finanziaria dell’Unione Europea (2007-2013) riflette il cambiamento connesso all’allargamento ai 12 nuovi membri completatosi nel gennaio 2007 e si propone il conseguimento di due obiettivi principali: sostenere il consolidamento dell’Unione; favorire la cooperazione di lungo periodo tra attori sociali, economici e politici. I Fondi Comunitari costituiscono le principali risorse economiche destinate al raggiungimento di questi due obiettivi, attraverso il finanziamento delle politiche di riequilibrio territoriale e di sviluppo settoriale della nuova Unione Europea a 27 membri. Esistono due tipologie differenti di fondi e diverse reti europee:
Fondi Diretti. Sono finanziamenti erogati direttamente dalla Commissione Europea a beneficiari appartenenti a diverse categorie (università, imprese, associazioni).Fondi Indiretti (o Strutturali).Sono finanziamenti la cui gestione é affidata agli Stati membri attraverso le autorità nazionali e regionali, in conformità a una programmazione che deve essere approvata dalla Commissione Europea.Reti. Le reti europee sono organismi permanenti di collaborazione tra enti, istituti universitari, centri studi, esperti individuali, sia europei che extra-europei, su un’area tematica ben individuata e selezionata per la sua rilevanza.”
“I FONDI INDIRETTI vengono erogati invece direttamente ai beneficiari e si riferiscono a contributi gestiti da Autorità nazionali o regionali. Questi fondi vengono integrati da risorse nazionali e regionali allo scopo di attuare il principio di coesione economica e sociale all’interno dei paesi membri della Comunità. Le autorità nazionali, regionali o locali svolgono una funzione di mediazione rispetto alla Commissione europea e quindi programmano direttamente gli interventi, emanano i bandi e gestiscono le risorse comunitarie.”

Insomma, in conclusione, se lo Stato non compartecipa i fondi strutturali europei, messi a disposizione delle aree, a obiettivo x, i fondi non possono essere spesi. E’ tuttavia pensabile che in passato siano state fatte delle operazioni contabili nel bilancio regionale, al limite della legalità, che permettessero di utilizzare i finanziamenti non per creare infrastrutture, lavoro e sviluppo, ma per finanziare la politica e le clientele.

C’è una cabina di regia che lavora alacremente per impedire che in Sicilia non si spendano i fondi europei nella maniera giusta, e cioè per quelle opere per cui tali fondi erano stati previsti. Si arriva al paradosso che da Palermo ti dicono che non puoi costruire i depuratori, non puoi realizzare collegamenti stradali, non puoi costruire impianti sportivi. Per ogni tentativo di usare questi fondi per cercare di somigliare alla parte furba di questa specie di nazione chiamata Italia, c’è un inghippo che lo impedisce. Le strade le deve fare l’Anas (figuriamoci), le ferrovie Trenitalia-Rfi (questa poi) le opere sportive il Coni, dove puoi farle tu ti metto qualche vincolo ambientale, o ti do i soldi solo sulla carta ……. o metto gli uffici tecnici nelle condizioni di non potere funzionare.
Tralasciando, quindi, la quota parte utile a fare clientela (formazione, finanziamenti a privati – amici – parenti) il resto NON SI DEVE spendere. I motivi sono diversi, uno dei più importanti è dato dalla possibilità che questi fondi siano dirottati in Piemonte o in altre zone del nord italia, il cui stato di crisi economica e di dissesto finanziario è abilmente dissimulato. Un altro, non meno importante, è dato dal tentativo, scientifico, di impedire la realizzazione di infrastrutture e di servizi che, creando lavoro, benessere e condizioni di competitività economica, muterebbero l’assetto sociale dello stato italiano rischiando, paradossalmente di invertire i flussi di emigrazione, condizione scioccante per chi sopravvive solo aggrappandosi al capro espiatorio meridionale”.

Sbaraccare i fondi europei e tornare all’intervento dello Stato
La sceneggiata dei fondi europei: il ‘caso di Acquaviva Platani…
Unione Europea al servizio delle multinazionali
Bruxelles tra armi e ambasciate. Chi paga? Noi!
Da Bruxelles soldi per tutti (tranne che per l’Italia)


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