Il sindaco di Catania vieta i ceri votivi a un anno dalla morte di Andrea Capuano, scivolato sull'asfalto a causa della cera. «Non mi ridarà mio figlio ma è un passo avanti», dice la madre. Intanto, il Comitato per la legalità torna a chiedere trasparenza e regole contro le ingerenze mafiose sulla festa
SantAgata pulita
Con un’ordinanza del 28 gennaio, emanata dal sindaco Raffaele Stancanelli, si vietano l’accensione e il trasporto di ceri votivi per le strade di Catania, eccetto che in zone già individuate, durante la festa di Sant’Agata, dal 3 al 6 febbraio.
«Siamo contenti che il sindaco abbia accolto le nostre istanze», dice Milena Verzì, la madre di Andrea Capuano, il ragazzo morto lo scorso anno a seguito di un incidente stradale. Era il 10 febbraio e il giovane guidava il suo ciclomotore, quando è scivolato sulla cera rimasta sull’asfalto dopo i festeggiamenti.
«È una decisione che permette di andare avanti civilmente», prosegue la donna, che, dopo la scomparsa del figlio, aveva lanciato una petizione per chiedere che le sfilate coi ceri fossero regolamentate, pur avendo deciso «di non procedere, per il momento, con iniziative legali contro il Comune di Catania». «So benissimo che nessuno mi restituirà Andrea», conclude, «però credo che sia giusto tentare di evitare che altri facciano la sua stessa fine».
O la fine di Roberto Calì, altro giovanissimo, che la mattina del 6 febbraio 2004 è stato calpestato ai piedi della salita di Sangiuliano, poco dopo l’inizio della tradizionale corsa del fercolo. Il processo che ha chiarito le circostanze di questo decesso si è concluso, per tutti i gradi di giudizio, nei giorni scorsi e ha confermato la sentenza di colpevolezza per Alfio Rao, il capo-vara, condannato a quattro mesi con la condizionale e a un risarcimento danni del valore di settecentomila euro, per la famiglia Calì.
Questi fatti, assieme al processo attualmente in corso sulle infiltrazioni delle famiglie Santapaola e Mangion nell’organizzazione delle celebrazioni e nel Circolo Sant’Agata, hanno spinto diverse associazioni, tra le quali la Fondazione Giuseppe Fava, Libera e Addio Pizzo, a fondare il Comitato per la legalità alla festa di Sant’Agata. Renato Camarda, di Libera, insiste sull’assenza di un regolamento ufficiale, «richiesto dal sindaco Enzo Bianco nel 1999 e mai realizzato». Questa mancanza lascerebbe spazio alle anomalie della festa, «come quelle dell’anno scorso, quando per percorrere il tratto dalla Villa Bellini a piazza Borgo sono state impiegate più di sette ore».
«Durante il processo riguardante l’ingerenza mafiosa sulle festività agatine», continua Camarda, «il pentito Antonio Sortino ha ammesso che i giudici stanno andando nella direzione giusta, e perfino la polizia giudiziaria ha verificato l’esplosione, in occasione della festa, di fuochi d’artificio illegali e non autorizzati nei pressi di casa dei mafiosi». A Catania «lo sanno tutti, la gente non se ne stupisce, però il processo sta fotografando una realtà, fatta di scommesse e interessi economici», che ruoterebbero anche «attorno alle estorsioni agli ambulanti e ai proprietari delle bancarelle che si stabiliscono per la strada lungo il percorso della vara».
Quella della trasparenza «è la direzione da seguire». E qualcosa sembrerebbe si stia muovendo, sotto questo punto di vista. «La raccolta della cera», ricorda il membro di Libera, «finalmente viene appaltata con una gara pubblica nazionale. Quest’anno, l’ha vinta la cereria Gambino, di Acireale».