Sono passati dieci anni da quando a Catania veniva istituito il Comitato per la legalità nella festa di Sant’Agata. E così, con la fine delle celebrazioni del mese di febbraio dell’edizione 2019, è tempo di una sorta di resoconto dell’attività portata avanti. Inevitabili i rimandi a quanto successo la scorsa settimana con la decisione del maestro del fercolo, Claudio Consoli, di non effettuare la tradizionale salita di Sangiuliano per motivi di sicurezza. Facendo rientro in cattedrale. Un gesto che ha spiazzato tutti ma che è stato rafforzato dalle parole pronunciate da monsignor Barbaro Scionti prima di entrare in chiesa. «Siamo orgogliosi – spiega il portavoce del comitato Renato Camarda – che a Catania ci siano due persone come Consoli e Scionti (poi finiti sotto vigilanza da parte delle forze dell’ordine, ndr). Che si sono dimostrati all’altezza di una situazione complessa in un momento particolare».
«Coraggio e onestà» da un lato, «scarsa propensione al rispetto delle regole», dall’altro. In particolare quando viene affrontata la questione delle torce che precedono il fercolo durante la processione religiosa del cosiddetto giro interno. «Sono loro a rallentare il percorso, oltre a essere pericolosi per l’incolumità di chi segue la festa». Parole dure che si ripetono praticamente alla fine di ogni edizione della fase clou dei festeggiamenti. Anche perché a questa vicenda è collegato il mancato controllo da parte delle forze dell’ordine, nonostante un’ordinanza sindacale, almeno sulla carta, vieti puntualmente l’accensione dei torcioni lungo il percorso. «Bisogna iniziare a lavorare su questo aspetto già da settembre», analizza Resì Ciancio, presidente della fondazione Pippo Fava. Una delle soluzioni potrebbe essere quella di imporre delle limitazioni sul peso. «Massimo 25 chili – propone Ciancio – e con dei reggi cera sotto. Certo – conclude – anche in questo caso spetterebbe alle forze dell’ordine vigilare. E se non lo fai? Perdi di credibilità».
Ospite dell’appuntamento Francesco Marano, presidente del comitato che si occupa dell’organizzazione, insieme alla curia, della festa. «L’edizione 2019 – esordisce – è stato una sorta di esame, che ha avuto un episodio molto grave e spiacevole in cui qualcuno non ha capito che le condizioni di sicurezza non possono essere messe al secondo posto». Anche Marano si sofferma sulla presenza dei ceri lungo il percorso e annuncia di avere qualche idea in cantiere. Il suo mandato scadrà il 14 settembre 2019. «Con quanto accaduto in via di Sangiuliano ci sono le condizioni per un serio intervento anche in questo senso».
Mentre i presenti si alternano al microfono sul tavolo c’è l’opuscolo che mette insieme i sette regolamenti della festa oltre a un piccolo manifesto. Lo stesso che viene utilizzato dagli attivisti dal 2009. «Siamo nati perché non era più ammissibile vedere i principali esponenti dei clan mafiosi della città sotto il busto reliquario di Sant’Agata», continua Camarda. Riavvolgendo il nastro dei ricordi al 2008, quando venne alla luce l’inchiesta della procura di Catania sul controllo dei festeggiamenti da parte di Cosa nostra. E se con due processi non sono state accertate le responsabilità penali, restano le istantanee e i racconti dei collaboratori di giustizia. Un vortice di ombre che adesso si è ripresentato con l’apertura di un fascicolo per capire se dietro ai rallentamenti di questa edizione possa esserci stato un giro di scommesse clandestine.
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