San Martino: celebriamo la leggenda con castagne e vino

L’11 di novembre ricorre il giorno di San Martino, un’antica festa popolare dove fin dai tempi più antichi si era soliti mangiare castagne e bere del vino novello, cantando sotto le finestre e sperando che dalle case gettassero altri marroni. Per l’occasione in alcune città venete viene anche cantata una filastrocca in veneziano:

 

San Martin xe ‘ndà in sofita

A trovar ea nonna Rita

Nona Rita no ghe gera

San Martin col cùeo par tera

E col nostro sachetìn

Cari signori xe San Martin.

 

Ma chi era Martino? In che modo la sua leggenda si lega ad una tradizione “pagana” e goliardica? A quanto ne sappiamo Martino era nato in Ungheria all’inizio del IV secolo dopo Cristo ed era figlio di un ufficiale romano. Fu educato nella città di Pavia, dove passò la sua infanzia fino all’arruolamento nella guardia imperiale, all’età di quindici anni. A scuola Martino prese i primi contatti con i cristiani e, all’insaputa dei genitori, si fece catecumeno e cominciò a frequentare con assiduità le assemblee cristiane. La sua umiltà e la sua carità hanno dato vita ad alcune leggende. Ne riportiamo brevemente una, forse la più famosa:

           

Era l’11 di novembre. Il cielo era coperto, piovigginava e tirava un ventaccio che penetrava nelle ossa; per questo il cavaliere era avvolto nel suo ampio mantello di guerriero. Ma ecco che lungo la strada si vede un povero vecchio, coperto soltanto da pochi stracci, spinto dal vento, barcollante e tremante per il freddo. Martino lo guarda e sente una stretta al cuore. “Poveretto, – pensa – morirà per il gelo!” E pensa come fare per dargli un po’ di sollievo. Basterebbe una coperta, ma non ne ha. Sarebbe sufficiente del denaro, con il quale il poveretto potrebbe comprarsi una coperta o un vestito; ma la casualità vuole che il cavaliere non abbia con sé neanche uno spicciolo. E allora cosa fare? Ha quel pesante mantello che lo copre tutto. Gli viene un’idea e, poiché gli pare buona, non ci pensa due volte. Si toglie il mantello, lo taglia in due con la spada e ne dà una metà al poveretto. “Dio ve ne renda merito!” balbetta il mendicante e sparisce. Martino, contento di avere fatto la carità sprona il cavallo e se ne va sotto la pioggia, che comincia a cadere più forte che mai, mentre un ventaccio rabbioso pare che voglia portargli via anche la parte di mantello che lo ricopre a malapena. Ma fatti pochi passi ecco che smette di piovere ed il vento si calma. Di lì a poco le nubi si diradano e poco a poco spariscono. Il cielo diventa sereno e l’aria si fa mite. Il sole comincia a riscaldare la terra obbligando il cavaliere a levarsi anche il mezzo mantello.

 

Ecco l’estate di San Martino, che si rinnova ogni anno per festeggiare un bel gesto di generosità ed anche per ricordarci che la carità nei confronti dei più poveri è il dono più gradito a Dio.

Tuttavia la storia non finisce qui, poiché la stessa notte Martino sogna Gesù che lo ringrazia, mostrandogli l’altra metà del mantello, quasi per fargli capire che il mendicante incontrato era proprio lui in persona.

Avete dunque capito come San Martino non c’entri molto con la festa in cui si è soliti mangiare castagne e bere del vino novello, ma non è questo il primo né l’ultimo caso in cui un evento considerato “sacro” sia legato a qualcosa che potremmo definire “profano”. È quindi molto difficile rispondere alla domanda. Tuttavia possiamo provare ad ipotizzare il tipo di legame che unisce la leggenda alla festa goliardica e spensierata. La città di Venezia è sicuramente quella che ancora oggi risente più di ogni altra dell’antica ricorrenza di San Martino. Infatti nel capoluogo veneto rimane la vecchia consuetudine di sbattere tra loro oggetti che fanno tanto rumore, come pentole e coperchi e domandare qualche spicciolo ai negozianti o ai passanti. La richiesta della “simbolica” carità rappresenta quindi l’unica relazione tra la storia del venerabile santo e la tradizione della festa. Poi si sa, ogni occasione è buona per festeggiare, quindi godiamoci la ricorrenza di San Martino, muniamoci di una pentola bucherellata per arrostire al fuoco le castagne e beviamo un po’ di buon vino, ricordando la storia di un uomo dalla grande nobiltà d’animo e magari se vi capita di incontrare un mendicante per la strada invitatelo a partecipare a questo genuino banchetto, sicuramente ve ne sarà grato.

Gianluca Nicotra

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