Via del Principe è straripante di folla, che intona a squarciagola le sue canzoni. Sul palco lui, il più popolare cantante neomelodico etneo, «balla, suda, e lancia vocali modulate come il canto di un muezzin», combattendo contro la pessima amplificazione e le decine di persone arrampicate sul palco. A seguire l'evento musicale del 28 agosto è Danilo Allegra, autore del blog di divulgazione scientifica Biocomiche. Che, stavolta sul suo blog personale Il Grillo, racconta senza pregiudizi uno dei fenomeni della Catania popolare
San Cristoforo, folla di fan per Gianni Celeste Il blogger: «Un boato per Nu Latitante»
Alle 22, via del Principe è pronta. Di fronte al palco, posizionato in mezzo alla strada allaltezza di via Alcibiade, la folla è compatta. Più indietro, allincrocio con via Villascabrosa, è attraversata dal traffico dei veicoli. Le moto, parcheggiate comodamente in mezzo alla confusione, formano una tripla fila di posti a sedere, con intere famiglie sedute sopra. Anche i balconi che danno sulla via, e un alto terrazzo dietro il palco che domina la scena, sono occupati.
Dopo aver sopportato due emergenti-spalla neomelodici in apertura, la folla aspetta Gianni Celeste. Quando spunta, maglietta scollata e calvizie matura ma portata con sobrietà, la folla esplode, come i fuochi dartificio che con il loro fracasso coprono quasi per intero la prima canzone.
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Si mostra un po emozionato, Gianni, anche se questa è forse lunica nota insincera della serata. Il pubblico infatti non è venuto qui per fare presenza o per inseguire un nome, ma per ascoltare le canzoni di Gianni Celeste, uno di loro. E il popolo di San Cristoforo che riempie via del Principe, il bar-pizzeria e la panineria che evidentemente, a giudicare dai ripetuti ringraziamenti rivolti loro dal palco, hanno tirato fuori i soldi per organizzare levento.
Pubblico eterogeneo per Gianni CelesteSono pochi gli infiltrati, non troppo difficili da identificare: macchine fotografiche alla mano, niente trucco, e uno sguardo tra lo scettico e linteressato. E soprattutto, non cantano.
Laudio è terribile, rimpallato dalle strette pareti della strada. La chitarra ne esce ancora bene, una chitarra che sembra venuta fuori dagli anni doro del metal inglese. Non così le tastiere, cacofoniche, e la voce, a malapena comprensibile. Ma poco importa, tutti sanno quello che bisogna cantare, e Gianni li lascia fare spesso, puntando loro contro il microfono. E una partecipazione spontanea e trascinante, fa venir voglia di saperle, quelle parole, di amalgamarsi alla folla.
Gianni Celeste ha esperienza e carisma. Non batte ciglio quando il pubblico inizia ad arrampicarsi dalla parte posteriore del palco, occupandolo progressivamente, né si tira indietro di fronte alle dediche che gli vengono richieste di continuo: «da Maurizio a sua moglie» o «A due nostri amici che non ci sono più, e ci ascoltano dal cielo». E poi balla, suda, e da buon cantante dopera neomelodica, lancia vocali modulate come il canto di un muezzin, sommerse dai riff di chitarra elettrica.
Per chi qui è venuto per la gente più che per la musica, la serata tocca lapice quando Gianni fa uno strappo alla regola e canta una canzone che «di solito non metto mai in scaletta», ma che «qui, tra noi cresciuti tutti nel quartiere, nati nel quartiere» non poteva non fare: Nu Latitante.
Dedicandoli ai nostri cari che vorrebbero essere qui con noi ma non possono, Gianni canta i versi del povero latitante che non vive più, lontano dalla famiglia e dalla sua casa. Un boato accoglie dedica e canzone: evidentemente devono essere molti quelli in fuga, da queste parti.
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A mezzanotte esatta, al semplice «ciao!» lanciato dallidolo neomelodico che scompare dietro il palco, la folla volta le spalle e si disperde come un gregge spaventato, senza riservare ai musicisti un ultimo applauso e senza neanche aspettare che finisca la canzone. Quando si spengono le note, non cè rimasto quasi più nessuno in strada. Anche volendo, un bis sarebbe impossibile. Ma forse è giusto così: perché recitare la solita ridicola commedia? Qui è tutto al naturale.
Daltronde, due ore di concerto sono tante e i bambini in braccio alle mamme, storditi dalla musica rimbombante, sono ormai sullorlo dello sfinimento.
[Video, foto e testo dal blog “il grillo”, di Danilo Allegra]