San Cono, ai domiciliari i tre giovani aggressori Per il giudice c’è l’aggravante dell’odio razziale

Agli arresti domiciliari, ma col braccialetto elettronico, perché non sussiste il pericolo di fuga. È la decisione del giudice per le indagini preliminari Ettore Cavallaro sui tre giovani di San Cono accusati di tentato omicidio, lesioni e porto illecito di arma impropria. All’accusa principale, però, il magistrato ha scelto di aggiungere anche l’aggravante della discriminazione razziale, sulla base del contenuto audio e video del filmato registrato da uno dei minorenni egiziani aggrediti. Dopo quattro giorni in carcere tornano a casa Giacomo e Davide Severo (rispettivamente classe 1984 e 1993) e Antonino Spitale (classe 1998). Resta in prognosi riservata, invece, il 16enne M. M., uno dei quattro ospiti del centro di accoglienza di San Michele Di Ganzaria vicino al quale è avvenuto il violento agguato a colpi di mazze da baseball.

Il fatto risale alla tarda mattinata dello scorso sabato, quando quattro minori che vivono nel cpa gestito dalla cooperativa San Francesco sono stati bloccati e picchiati da tre giovani del piccolo Comune di San Cono. Un centro di tremila abitanti nel Calatino, in cui da settimane – pare – si sarebbero registrate tensioni tra i profughi che vivono nella zona e i sanconesi. Lì e nella vicina cittadina di San Michele Di Ganzaria sono concentrati tre Sprar e un cpa: quattro strutture, per un totale di un’ottantina di migranti distribuiti in quel territorio. A scatenare la violenza dello scorso sabato mattina forse qualche pallonata di troppo a un passeggino, ma anche la reazione alle presunte aggressioni da parte di giovani migranti nei confronti di altrettanto giovani sanconesi.

Dopo aver sentito i due fratelli Severo e Spitale, tutti difesi dall’avvocato Pietro Marino, il giudice opta per la mancata convalida del fermo. Pur ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza dei tre, Cavallaro non ritiene sussistente il pericolo di fuga, presupposto fondamentale per l’applicazione delle misure cautelari. In un’aula del tribunale di Caltagirone, la difesa dell’avvocato Marino avrebbe sostenuto che i suoi assistiti non avessero attaccato gli egiziani, ma che si fossero solo difesi. E che anche le mazze da baseball fossero in realtà nelle disponibilità dei tre migranti. Versione che i carabinieri del Calatino smentiscono con forza.

Nel frattempo restano ricercati due presunti complici dell’agguato. Si tratterebbe dei conducenti delle due vetture, una bianca e una nera, con la quale Giacomo e Davide Severo e Antonino Spitale si sarebbero dati alla fuga. Della loro esistenza avrebbero parlato solo i tre migranti picchiati in modo più lieve. Dopo numerosi interrogatori e riscontri con le immagini delle telecamere di videosorveglianza della zona, spiegano le forze dell’ordine, quella pista sembrerebbe sul punto di essere abbandonata. Dal canto loro, gli indagati hanno sempre negato che sul posto fossero presenti altre persone. In assenza di riscontri, questo capitolo potrebbe chiudersi in fretta.

Nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Garibaldi di Catania, intanto, il più grave dei minorenni picchiati resta in condizioni critiche. La prognosi è ancora riservata ma i medici lo hanno risvegliato dal coma farmacologico e hanno seguito i test neurologici necessari: M. M. mostra segni di ripresa, salvo «qualche lieve difficoltà di carattere motorio». Intorno alle 11 di oggi è andato a trovarlo il console egiziano Sherif Elgammal che, riferisce il Garibaldi in una nota , «ha avuto l’occasione di scambiare qualche parola con il ragazzo».


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