Oltre ai dispositivi di sicurezza, i militari del comando provinciale della guardia di finanza di Catania hanno posto sotto sequestrano anche oltre 21mila articoli contraffatti. «Avevano il marchio CE ma sta per China Export». Guarda il video e le foto
S.G. La Punta, sequestrate mille mascherine non sicure «Pericolose per la salute e danno per il mercato legale»
Mille mascherine non sicure sono state trovate e sequestrate dai militari del comando provinciale della guardia di finanza di Catania in un esercizio commerciale appena riaperto a San Giovanni La Punta. Oltre ai dispositivi di protezione, le fiamme giallo hanno posto sotto sequestro anche oltre 21mila articoli presumibilmente contraffatti. I finanzieri scrivono che i prodotti all’interno del negozio gestito da un cittadino di nazionalità cinese «recavano il marchio CE di China Export».
Nel corso dell’ispezione nell’area di
vendita commerciale
e nel sottostante deposito, sono stati trovati giocattoli e accessori di
abbigliamento
con marchio presumibilmente contraffatto e dispositivi
di protezione individuale (FFP:
Filtering Face Piece), privi del marchio «Comunità Europea», pronti a essere distribuiti in occasione delle riaperture delle
attività commerciali. «Una
condotta particolarmente insidiosa per i consumatori che sono tratti in inganno – scrivono le fiamme gialle – sulla qualità dei prodotti acquistati, oltre
a una situazione di potenziale
pericolo per la salute anche un notevole danno al mercato legale».
Al momento del controllo, inoltre, non sono stati esibiti documenti commerciali o fatture che attestassero la provenienza della merce e il regolare acquisto da operatori economici cinesi autorizzati all’esportazione in Italia. Per tale ragione, i militari della compagnia di Catania hanno proceduto al sequestro penale della merce e hanno denunciato il cittadino di nazionalità cinese per introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi, frode nell’esercizio del commercio e ricettazione.
La marcatura CE indica che un prodotto, importato da un Paese della Comunità
Europea, è conforme alle leggi dell’UE e può quindi
liberamente circolare all’interno
del mercato unico. Si tratta di una
certificazione di qualità, che appone lo
stesso fabbricante dichiarando, sotto la propria responsabilità e dopo le opportune verifiche, che il prodotto rispetta tutte le prescrizioni, tra cui i
requisiti di sicurezza.
«Le aziende cinesi – spiegano dalla guardia di finanza – per aggirare l’ostacolo di questa
certificazione di qualità,
si sono consorziate e hanno
creato il
marchio alternativo CE, che sta invece per la
locuzione “
China Export”. Un marchio che per di più – sottolineano i finanzieri – di
qui l’aspetto ingannevole della faccenda, è pressoché
simile a quello originale: il marchio che sta per Comunità Europea presenta una maggiore
spaziatura tra le due lettere, mentre in quello che indica “China Export”
la C e la E sono meno distanti, anzi quasi unite».