Sociologo, politico, giornalista: definire le tante anime di Mauro Rostagno, di cui quest’anno ricorre il venticinquesimo anniversario dell’omicidio, non è mai stato semplice. Il convegno organizzato ieri alla Camera del lavoro di Catania, dal titolo Ciao Mauro, non fa molta eccezione alla regola. «Forse, la definizione migliore è questa: Un comunista che lottava contro il padrone della Sicilia, la mafia», spiega Lillo Venezia, giornalista, citando il collega Riccardo Orioles. Una lotta per la quale ha perso la vita, anche se non c’è ancora una verità processuale che dica perché Rostagno quel 26 settembre del 1988 fu ucciso a Lenzi di Valderice, a poca distanza dalla Saman, la comunità che aveva fondato a pochi chilometri da Trapani. «Il processo ha già avuto 55 udienze, è molto complesso e nessuno ne scrive. O spesso lo fa usando provocazioni giornalistiche», ricorda Venezia. Che propone la costituzione di un centro di documentazione, che raccolga innanzitutto gli atti del difficile processo in corso. Per fare «memoria» di quello che fu il personaggio Rostagno, che da Torino arrivò in Sicilia, scegliendo «una dimensione locale, dopo essere stato al centro degli avvenimenti del ’68 in Italia», ricorda il professore di Storia contemporanea Luciano Granozzi.
Per l’omicidio di Rostagno, tra i fondatori del movimento Lotta Continua, sono state negli anni fatte varie ipotesi: ucciso dalla mafia, o per gli intrecci tra questa e la massoneria e la politica di una Trapani che, afferma Graziella Porto, direttrice del mensile Casablanca, «era una città dove la mafia non esisteva». Negli anni la procura di Trapani ha seguito due piste, che hanno avuto grande spazio sui giornali, a differenza del processo attuale che segue la pista mafiosa. La prima rimanderebbe all’omicidio Calabresi, seguendo un filo logico che parte dalla sua storia nella sinistra extraparlamentare. La seconda rimanderebbe addirittura a una pista interna alla sua comunità Saman. «L’esperienza di Rostagno diede grande valore alla controinformazione e al giornalismo di inchiesta. Oggi purtroppo non possiamo dimenticare che un giornalista come Marco Travaglio, considerato dai giovani un maestro del genere, è tra i maggiori sostenitori della pista interna», conclude Granozzi.
«Molte leggende metropolitane vengono portate avanti ancora sulla morte di Rostagno», conferma Paolo Brogi, giornalista anche lui in gioventù a Lotta Continua. Ma quelle che sono notizie e fatti realmente emersi dal processo, non hanno avuto altrettanto successo sui media. «Il cadavere di Don Ciccio Messina Denaro, padre di Matteo che ordinò di uccidere Rostagno, fu trovato nei terreni dei D’Alì racconta Brogi Qualche mese fa il ministro della Giustizia Annamaria Cancelleri andò a Trapani a firmare un protocollo antimafia proprio a braccetto con il senatore Antonio D’Alì. Se avesse letto qualcosa del processo in corso non lo avrebbe fatto», ricorda Brogi. Che spende anche parole di stima nei confronti di Rino Giacalone, «l’unico giornalista che segue con costanza il processo, che è stato costretto a lasciare il suo posto nel quotidiano catanese e ora fa il collaboratore per il Fatto quotidiano», conclude Brogi, senza dire esplicitamente il nome del quotidiano La Sicilia.
Per Nadia Furnari, dell’associazione antimafie Rita Atria, «se i giornalisti facessero il loro lavoro, se i giornali facessero informazione, le parole di Rostagno citate avrebbero un senso, per fare memoria». E ricorda le posizioni antimilitariste di Rostagno, in particolare sulla base Nato di Sigonella, e come oggi non ci sia nulla di diverso con la lotta contro il Muos. Per lo scrittore Ottavio Cappellani, invece, il fatto che non si parli del processo Rostagno sui giornali è dovuto alle emergenze della cronaca su altri fatti di mafia, «come la trattativa Stato-mafia». Ma il motivo principale sarebbe che «il processo Rostagno è un fallimento della magistratura che non si può mostrare».
Daniele Lo Porto, segretario provinciale di Assostampa, annuncia che «l’associazione di categoria cercherà di dare supporto al centro di documentazione, ma non materiale, solo morale». Sara Fagone, della Cgil, nel portare i saluti del sindacato ai presenti conclude il suo intervento con una considerazione di carattere generale. «Non esistono eroi, solo persone che fanno bene e fino in fondo il proprio dovere». E così fu per il sociologo politico Mauro Rostagno, giornalista con uno stile unico nella sua radio tele Cine. «Tutta Trapani, arrivati alle due del pomeriggio, si fermava per guardare il suo telegiornale», ricorda Brogi.
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