Gli indagati principali nell'inchiesta sul traffico di droga dall'Albania resteranno ancora dietro le sbarre. Tra di loro c'è anche il presunto capo dell'organizzazione Moisi Habilaj, cugino dell'ex ministro dell'Interno albanese Saimir Tahiri. Il politico è sotto inchiesta da parte dei magistrati della procura di Tirana
Rosa dei venti, il Riesame conferma il carcere Unico a non fare ricorso etneo Antonino Riela
Pochi attimi dall’uscita del tunnel sotterraneo del palazzo di giustizia di Catania fino all’ingresso in aula. Frazioni di secondo prima di comparire davanti ai giudici. Accadeva lo scorso martedì e oggi, a due giorni di distanza, l’ordinanza depositata in cancelleria in cui si dispone di lasciarli in carcere senza la possibilità di una misura alternativa. A eccezione di Fatmir Minaj, che è stato rimesso in libertà, e Gianluca Passavanti, a cui sono stati concessi gli arresti domiciliari. Sono quelli del tribunale del Riesame, con il collegio presieduto dalla giudice Gabriella Larato, a latere Dorotea Catena e Laura Benanti, i primi passaggi giudiziari dopo gli arresti dell’operazione antidroga Rosa dei venti. L’inchiesta, condotta dai militari del Gico della Guardia di finanza etnea, che ha fatto luce su una presunta organizzazione internazionale specializzata nel traffico di marijuana.
Migliaia di chili in viaggio dal 2013 al 2017 dall’Albania alle province di Catania, Siracusa e Ragusa, sotto la regia dell’uomo accusato di essere la mente del gruppo: Moisi Habilaj. Nome e cognome che rimandano anche al rapporto di parentela con l’ex ministro dell’Interno Saimir Tahiri. Chiacchierato e adesso accusato dalla procura di Tirana, dopo la pubblicazione di alcune intercettazioni su MeridioNews, di essere in rapporti con il trafficante di droga. Nell’elenco dei presunti componenti del clan c’è anche l’altro cugino del politico, Florian Habilaj, che per il momento è ancora latitante.
A margine dell’udienza di martedì un breve commento era stato rilasciato dall’avvocato Maurizio Catalano, difensore di Moisi Habilaj. «Siamo ancora nella fase iniziale – spiegava -. Io ho chiesto la revoca del carcere per mancanza di prove. Non ci resta che aspettare la decisione». A non fare nemmeno da comparsa davanti giudici e procura, che aveva chiesto la conferma delle misure cautelari in carcere, è stato Antonino Riela. Secondo l’accusa, come si legge nei documenti, sarebbe stato lui «il principale referente a Catania per la rivendita della droga». Passaggio, quest’ultimo, preliminare alla vendita ai vari clan mafiosi locali attivi con delle piazze di spaccio. Tra gli acquirenti del gruppo albanese ci sarebbe stato anche Sebastiano Sardo, recentemente transitato dal lato della giustizia nella veste di pentito. Occhiolino, così com’è soprannominato, non è però tra gli indagati dell’inchiesta Rosa dei Venti.
Dopo gli arresti a proseguire sono anche le indagini. Alcuni magistrati albanesi si sono recati negli uffici della procura di Catania negli scorsi giorni. I contenuti dei faccia a faccia al momento restano segreti ma è possibile che si sia parlato anche della richiesta d’estradizione per Nezar Seiti. Rintracciato dagli agenti della polizia albanese nel territorio di Valona. Nel paese balcanico intanto si scava sui presunti rapporti dell’ex ministro dell’Interno. Dopo il via libera del parlamento albanese la sua casa è stata perquisita e i magistrati stanno anche scandagliando alcuni documenti. Sempre restando in Albania la procura ha disposto il sequestro di alcuni beni nelle disponibilità dei fratelli Habilaj. Case e appartamenti che potrebbero essere stati costruiti proprio con i soldi della droga. Domani intanto nel Paese dell’aquila bicipite arriverà il ministro dell’Interno italiano Marco Minniti.