Rivoluzioni o “crollo dello Stato”?

“Il fenomeno del crollo dello Stato nell’Europa del 1917-1918”: questo il tema della relazione tenuta venerdì dal prof. Paolo Macry dell’Università Federico II di Napoli nell’Aula Magna del Rettorato, in occasione del ciclo di lezioni in memoria di Nino Recupero, un collega e un amico per tanti, dotato di grande umanità. “Nino Recupero ci manca”, esordisce così Luciano Granozzi, docente di storia contemporanea nella Facoltà di Lingue “Nino era un professore di grande generosità, perché credeva che un docente è veramente un buono quanto prima egli riesce a rendersi inutile, ovvero a trasmettere agli allievi le sue conoscenze. Era non solo uno studioso raffinato, ma anche un intellettuale attivo nella società, stimato ben al di là del suo ruolo accademico”.

Presenti all’incontro, oltre al prof. Granozzi (designato di recente delegato del Rettore per i “Circuiti culturali”), lo stesso Rettore prof. Antonino Recca, il Pro-Rettore prof. Antonio Pioletti (in rappresentanza del preside di Lingue), il prof. Fernando Gioviale, in rappresentanza del preside della Facoltà di Lettere e il prof. Rosario Mangiameli, in rappresentanza del Preside di Scienze politiche. Sempre ricordando Recupero, Pioletti aggiunge: “Questo vuole essere il segno di un ricordo non astratto, ma che si concretizza in lezioni ed altre iniziative. Il modo migliore per ricordare un amico, un collega che nel suo modo di presentarsi in sede accademica aveva sempre una venatura autoironica e un po’ amara”.

Il professore Paolo Macry è stato presentato come uno storico a tutto campo, tra storia “moderna” e storia “contemporanea”, particolarmente attento alla storia sociale. Nel corso della sua lezione, seguita con grande attenzione in un’affollata aula magna, Macry ha proposto una chiave di lettura originale degli eventi accaduti nel periodo tra il 1917 e il 1918, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, in Russia, Austria e Germania (senza dimenticare che più tardi anche in Italia sarebbe avvenuta una crisi della precedente entità statale). Secondo Macry, qualcosa accomunava tutti questi avvenimenti nel contesto europeo del primo dopoguerra: più che rivoluzioni crollo, il crollo dello Stato.

Tre le date fondamentali per studiare la fenomenologia del “crollo”: 2 marzo 1917 a Pietrogrado ( “un attimo di disorientamento fa degenerare l’intero meccanismo di controllo da parte dello Stato”); 11 dicembre 1918 ( l’abdicazione equivale alla fine dello stato e a Vienna si conclude la dinastia degli Asburgo al potere da secoli, “La fine della dinastia avviene in un clima di totale indifferenza della popolazione, è come se si determinasse un momento di sospensione dovuto al crollo del Palazzo, questa entropia del crollo è anche qui sommersa nel silenzio generale”); 29 ottobre 1918: fine del Secondo Reich con l’abdicazione di Guglielmo II.

La fenomenologia del crollo degli stati comprendeva anche l’approvvigionamento alimentare e l’impoverimento materiale della popolazione: “Tutto ebbe inizio dal pane”, furono le parole di uno storico russo. In Russia più che altrove emerge l’urgenza del problema dell’approvvigionamento: uno stato incapace di sfamare la popolazione perde ogni legittimità e sono donne e ragazzi quelli che compaiono in prima fila nelle grandi manifestazioni contro lo Zar. Nella Russia del ’17 il crollo precedette la rivoluzione, non ne fu la conseguenza. La rivoluzione fu determinata dal ritrarsi dello stato e dei suoi uomini, di uno stato che non fa più resistenza e che si spoglia delle sue responsabilità. La rivoluzione entra in scena a crollo già avvenuto. Ma la fine della forza pubblica, l’improvvisa disobbedienza, il disfacimento degli apparati amministrativi e conseguente “sbriciolamento” del contratto sociale, finora sono apparsi come fenomeni secondari. “Il momento del crollo, che avvenne in fasi rapide e sincopate – la fine del Secondo Reich tedesco, degli Asburgo, e dello zar Nicola II in Russia – spesso è stato sottovalutato dagli storici perché ritenuto irrilevante per gli avvenimenti futuri”, ha osservato Macry.

Nella rinnovata attenzione all’”evento”, senza omettere dettagli ritenuti “irrilevanti” da gran parte degli storici precedenti, nel tentativo di ricostruire una fenomenologia comune di questo fenomeno in situazioni e contesti diversi – dalla caduta degli stati italiani preunitari nel 1860, alla distruzione dei tre grandi imperi nel primo dopoguerra, fino alla dissoluzione dell’impero sovietico nel 1989-91 – sta la chiave di volta di questa interessante lettura proposta da Paolo Macry. Una lezione di storia che ha proposto un’analisi a 360 gradi dei fatti, e insieme ad essa nuove ipotesi interpretative; com’è dovere della ricerca storiografica. Insomma, una lezione dove didattica e ricerca sembravano darsi finalmente la mano.

Valeria Arlotta

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