L’associazione nazionale Rita Atria e Anna Maria Atria – sorella della testimone di giustizia scomparsa nel 1992 a Roma – hanno chiesto alla procura generale della Capitale di avocare le indagini relative alla morte della giovane. L’avocazione è il potere del procuratore generale di sostituirsi al pubblico ministero in determinate e precise circostanze. Rita Atria morì 32 anni fa in circostanze mai chiarite. L’atto è stato depositato dall’avvocato Goffredo D’Antona, del foro di Catania, «dopo due anni di silenzio – dice l’associazione antimafie Rita Atria – nonostante un esposto e due integrazioni allo stesso, con una consulenza medico legale che avrebbe dovuto far riapre il caso senza alcuna esitazione».
«L’istanza – dice D’Antona – appare doverosa ai fini dell’accertamento della verità sulle cause del decesso della giovanissima testimone di giustizia, stante la non attività della procura di Roma, che nonostante una formale istanza di riapertura delle indagini – accompagnata da consulenze tecniche e da una serie di approfondite riflessioni – non ha comunicato lo svolgimento di alcuna attività investigativa e invero la nuova denuncia depositata nel giugno del 2022 è stata iscritta nel modello 45, ovvero quello relativo alle pseudo-notizie di reato». Il legale denuncia «una stasi processuale che è inaccettabile per le odierne persone offese, ma soprattutto che non rende giustizia a una ragazzina che si era affidata allo Stato e da questi evidentemente abbandonata».
L’associazione ricorda anche «il silenzio assordante, oramai da anni, anche riguardo alla campagna per il conferimento della cittadinanza onoraria di Roma a Rita, per non parlare dell’intitolazione dell’area verde in viale Amelia con il toponimo Giardino Rita Atria – Testimone di giustizia e vittima innocente della mafia (1973 – 1992)». Il 26 luglio, giorno della tragedia, l’associazione antimafie Rita Atria sarà «a Partanna e a Roma, in viale Amelia, esclusivamente in forma privata, come denuncia di questo silenzio assordante, che continueremo a spezzare con le nostre voci, con la nostra testimonianza collettiva».
«Una testimonianza scomoda e spesso costellata di difficoltà, ma – prosegue la nota – ciò ci induce ad andare avanti, “senza scappare, senza tradire, senza corruzioni o sottomissioni, a testa alta, orgogliosamente” (Pippo Fava)». L’associazione sottolinea «come questo silenzio sia a oggi assecondato anche da chi continua a dare voce alle narrative fantasiose e prive di qualsiasi riscontro oggettivo. Ricordare Rita senza chiedere giustizia – conclude l’associazione antimafie Rita Atria – per noi rimane un grande atto di ipocrisia e di ignavia. Invitiamo tutte e tutti a dare voce a questa denuncia. Noi, non ci arrendiamo!».
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