Tutti gli enti competenti seduti attorno a un tavolo. Per la prima volta a distanza di quattro anni dall’incendio che ha causato la chiusura della riserva naturale orientata Cavagrande del Cassibile, nel Siracusano. La notizia dell’incontro che si terrà il 9 maggio dal commissario straordinario per i rischi del dissesto idrogeologico, Maurizio Croce, ha suscitato entusiasmo e speranze per la riapertura. Ma in realtà un progetto per la messa in sicurezza del canyon ancora non esiste.
In questi anni la riserva è rimasta chiusa solo formalmente, perché i visitatori ai laghetti non sono mai mancati. Anche dopo un incendio di vaste proporzioni, scoppiato il 25 giugno del 2014, che distrugge migliaia di ettari di flora e in seguito al quale viene emanata un’ordinanza che vieta l’accesso al canyon attraverso l’ingresso principale, il sentiero Scala Cruci, per presunti pericoli di frane. Un’indagine approfondita delle pareti del canyon non è stata mai fatta. Il 9 maggio il commissario Croce incontrerà il dipartimento regionale dello Sviluppo rurale e territoriale dell’assessorato regionale all’Agricoltura, che della riserva è ente gestore, il Genio civile di Siracusa e i Comuni nei quali ricade la riserva (Avola, Noto e Siracusa).
La riunione dovrebbe segnare l’avvio dell’iter per la riapertura e la fruizione della riserva Cavagrande del Cassibile. «In realtà, per il momento è solo un piccolo passo – si affretta precisare a MeridioNews Maurizio Croce – nell’attesa di conoscere l’ipotetico progetto di messa in sicurezza fatto dal Genio civile di Siracusa che, però, risulta ancora solo da interlocuzioni informali». In questa fase, per altro, non ci sarebbero ancora nemmeno i fondi da destinare al progetto. «Ma è la prima volta in cui riusciamo a mettere attorno a un tavolo tutti gli attori coinvolti nella vicenda che ha portato all’interdizione al pubblico della riserva – spiega il commissario – L’obiettivo comune è la riapertura, ma per iniziare l’iter bisogna innanzitutto affrontare il problema del costone franato e trovare la soluzione giusta per risolverlo».
«Il progetto non c’è ancora – puntualizza il capo servizio del Genio civile di Siracusa, l’ingegnere Natale Zuccarello – ma, insieme all’ispettorato forestale che si occupa della gestione della riserva, abbiamo stilato un protocollo d’intesa che ci consentirà di avviare la progettazione». Il protocollo, però, non è ancora stato sottoscritto dagli organi regionali interessati. «Dopo i due sopralluoghi che abbiamo effettuato alla riserva – spiega Zuccarello – ci siamo resi conto della gravità dei pericoli dell’intera area. Innanzitutto del rischio di frana nel pendio di centinaia di metri in corrispondenza dei laghetti e, poi, anche del pericolo di rotolamento dei massi che si trovano in corrispondenza dell’altro versante del sentiero principale, dove si sono già verificati alcuni incidenti». Da che se ne ha memoria, nella riserva gli incidenti sono stati pochi e solo due di questi sono stati mortali: uno fra gli anni ’50 e ‘60 quando un ragazzo scout morì perché cadde infilzandosi il bastone appuntito e poi, più recentemente, fra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, una signora di Avola colpita da una roccia caduta. «L’idea – sottolinea il capo del Genio civile – è comunque quella di mettere in sicurezza tutta la riserva. Durante l’incontro l’obiettivo sarà fissare un cronoprogramma per stabilire i tempi della progettazione, dell’affidamento e della realizzazione dei lavori. Chiaramente – conclude – le tempistiche non saranno ravvicinate».
In passato, per scendere all’interno del canyon, era necessario firmare un’assunzione di responsabilità per accettare tutti i rischi «derivanti dalla natura dei luoghi tale da non escludere naturali e imprevedibili smottamenti, frane e cadute massi». Intanto, in questi anni post-incendio, l’azienda foreste demaniali ha usato alcuni finanziamenti per curare i lavori di ricostruzione di un immobile, le cosiddette Case di Natala, che sono raggiungibili percorrendo i sentieri tuttora aperti e che si trovano a 95 metri dai laghetti, cioè a pochi passi dalla zona dichiarata off-limits. Nel giugno del 2017 il Tar di Catania ha rigettato il ricorso del Comune di Avola nei confronti della Regione in merito alla chiusura temporanea di Cavagrande mantenendo il divieto. Negli oltre dodici chilometri di cava, in questi quattro anni, si sono comunque registrati migliaia di visitatori al giorno, specie nella stagione estiva.
Il padrone di casa a Cavagrande è il dipartimento regionale dello Sviluppo rurale e territoriale dell’assessorato regionale all’Agricoltura ma la riserva ricade su tre Comuni del Siracusano. Una piccola porzione fa parte del territorio di Noto, nel perimetro rientra anche Siracusa ma la parte interessata dal problema ricade sul territorio di Avola. «È importante riuscire a mettere d’accordo le varie istituzioni coinvolte nella questione», aggiunge Croce forse anche ripensando ai toni accesi degli scorsi anni fra il sindaco avolese, Luca Cannata, e il dirigente provinciale della forestale, Nunzio Caruso. L’assessore regionale per l’Agricoltura, Edy Bandiera parla dell’incontro come «il punto di partenza per dare un forte impulso alla riapertura di una riserva di grande pregio che è stata da sempre oggetto di fruizione e importante apprezzamento da parte di visitatori e turisti».
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