Riqualificazione della Vucciria, parla lo studio PL5 «Prima delle botteghe bisogna attirare le persone»

«Benvenuto all’inferno». Prova a buttarla sull’ironia Fabrizio Favuzza, mentre mostra i ruderi di Palazzo Rammacca. Lo stabile, probabilmente il più malandato dei tre acquistati dalla cordata di privati che col sostegno del Comune di Palermo vuole riqualificare piazza Garraffello, dovrebbe vedere a breve l’avvio dei lavori di ristrutturazione. I progetti sono a cura dello studio Pl5 Architettura, la consolidata realtà che si occupa del recupero immobiliare palermitano e di cui Favuzza fa parte. 

L’opera di riqualificazione del quartiere è stata più volte additata come esempio di gentrificazione (il processo che vede la sostituzione dei vecchi abitanti di un rione con nuovi residenti, di solito più facoltosi), e l’ultimo esempio in tal senso è lo sgombero di Uwe e Costanza, che erano rimasti gli ultimi due residenti di Palazzo Mazzarino. Polemiche che hanno sorpreso l’architetto. «Per noi questa operazione, che dura da cinque anni, è un rischio, altro che speculazione – afferma Favuzza -. Mi fa ridere l’accusa di gentrificazione: quali residenti vorremmo far uscire se qui non abita nessuno? La loggia dei Catalani e Palazzo Sperlinga, ad esempio, sono vuoti. E Palazzo Mazzarino e Rammacca lo sono quasi. Noi infatti parliamo di integrazione tra vecchi e nuovi residenti. E voglio ricordare che la gentrificazione, questa è storia, inizia con gli artisti, che scelgono di venire a vivere luoghi abbandonati».

Il riferimento a Uwe e Costanza non è neanche tanto velato. Da mesi i due hanno avviato una quotidiana guerra di accuse contro la società che ha acquistato gli immobili attorno alla piazza, contro lo studio Pl5, contro il Comune che in parte contribuisce all’operazione. E pensare che fino qualche tempo Favuzza e Uwe erano pure amici. La domanda è sempre la stessa: da dove provengono i soldi per il restauro? «Sono 40 anni che facciamo questi lavori, e se n’è parlato persino in commissione per una polemica che non esiste. Il finanziamento pubblico del nostro investimento è della misura del 17 per cento (per i soli lavori, escludendo le altre spese). E senza quei soldi i restauri non si possono fare. Mi spiego: qui in centro si vende dai 2000 ai 2500 euro al metro quadro. Se consideriamo che solo per la ristrutturazione si spendono almeno 1800 euro al metro quadro, dov’è la speculazione? Coi soldi pubblici si invoglia il privato a rischiare, visto che non ci sono soldi in città. E poi voglio ricordare ad esempio che l’acquisto di Palazzo Sperlinga è senza contributo pubblico. Non sono stati richiesti finanziamenti dell’Unione Europea, come in tanti a sproposito hanno detto, ma solo per i palazzi Rammacca e Mazzarino sono stati richiesti i fondi comunali che incentivano il recupero del centro storico e che risalgono addirittura al 1992».

E mentre Uwe e Costanza sono davvero andati via, e con loro parte della memoria storica del quartiere, cosa si appresta a diventare la Vucciria? «Prima bisogna attirare le persone, le botteghe e le attività vengono dopo. Anche se al momento sono 250 le saracinesche chiuse. Non ci sono associazioni né chiese nel quartiere, al contrario di Ballarò ad esempio. Il fascino delle rovine non è sostenibile – aggiunge l’architetto -. L’idea è di ricucire la parte alta con la parte bassa, è così che si rigenera il mercato. Ma il nostro progetto non è fisso e calato dall’alto, fino all’ultima cazzuolata di calce si può migliorare». Per realizzare quella che lo stesso Favuzza definisce una «progettazione partecipata» alcuni componenti dello studio Pl5 hanno partecipato in questi mesi alla nascita prima e alle assemblee poi del comitato Vucciria. Ascoltando le istanze di chi vive nel quartiere. Un processo difficile, nelle intenzioni simile a quello di Sos Ballarò ma che qui è ancora gli inizi e sconta alcune specifiche difficoltà. Compreso il muro di gomma tra i residenti che vorrebbero solo dormire in pace, annullando la movida e invocando una maggiore presenza delle forze dell’ordine, e chi pensa che – in altre forme meno invasive – la vita notturna non debba del tutto cancellarsi e che la comunità possa autogestirsi.

«È per questo che prevediamo luoghi di rigenerazione come una lavanderia comune e una palestra di quartiere. Nel nostro progetto non ci sono esercizi commerciali dedicati al food. Intanto giorno 10 marzo qui verrà il sindaco Orlando, a parlare del regolamento unico dei mercati. Noi per esempio abbiamo chiesto una maggiore attenzione per le iniziative culturali e l’avvio della pedonalizzazione». E non si può parlare poi di Vucciria senza il suo storico mercato. In questo caso Favuzza prova a rompere uno schema consolidato. «Il mercato non è solo quello dipinto da Guttuso, questo è stato un mercato resiliente e sempre cangiante. Per questo io qui ci vedo ibridi: caffè letterari, negozi di merletti che fanno allo stesso tempo formazione, artigiani digitali. Il futuro è ibridare le botteghe. L’idea non può essere quella di un mercato, e di un quartiere, come una bomboneria».

Da parte propria Favuzza cerca insomma di ridimensionare le attenzioni sullo studio Pl5 («mi vorrei concentrare sul lavoro e non passare il tempo a difendermi»), e guarda alla ripresa dei lavori dopo l’addio di Uwe e Costanza. «Metteremo il solaio in sicurezza – dice ancora -, dopo aver eseguito l’operazione all’androne e ai primi due piani. Con la loro resistenza c’è stato un ritardo, perchè le coperture si fanno d’estate, quando non piove. Qui prevediamo appartamenti con un po’ tutte le quadrature. Idem per Palazzo Rammacca, dove prevediamo un bed and breakfast all’ultimo piano. Con Palazzo Sperlinga invece cominceremo l’anno prossimo, anche perchè lì ci sono più proprietari ed è stata dura incontrare e parlare con tutti. Ma è stata comunque un’operazione di economia partecipata». 

Lo studio Pl5 non è il solo che sta intervenendo nel quartiere. E c’è da fare presto, visti i recenti crolli. «Molti non lo capiscono, questo stato di abbandono è come una cancrena: meglio amputare un braccio e restare vivo che lasciare che la malattia prenda il sopravvento e uccida poco a poco. Questa vicenda mi ricorda il caso di Palazzo Lampedusa: anche lì all’inizio si erano indignati, perchè era un palazzo storico e ci si aspettava che intervenisse il pubblico. Ma ora il Palazzo è nelle migliori riviste di architettura. Per far capire come lavoriamo: lì abbiamo realizzato un futuro scivolo per la differenziata e abbiamo fatto aprire un deposito bicicletta. Ora tutti nel palazzo usano le bici».

Andrea Turco

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