Riprendiamoci la nostra libertà

da Terzo Turri
riceviamo e volentieri pubblichiamo

In questi giorni molti di noi hanno letto l’appello di un noto studioso delle questioni siciliane, il professore Massimo Costa, che ha chiamato a raccolta tutte quelle forze genuine siciliane affinché partecipino alla costituente di una formazione politica interamente siciliana. Chi scrive non è un separatista o un indipendentista, non brucia bandiere italiane come facevano e fanno i leghisti, crede in una Sicilia in Italia ein Europa, ma è costretto a constatare quanto segue:

i governi italiani degli ultimi 20 anni hanno ceduto negli anni la sovranità popolare a strutture sovranazionali composte da burocrati non eletti legati ai cartelli finanziari internazionali;

hanno ceduto la sovranità monetaria dello Stato, cioè la possibilità di emettere una propria moneta, costringendolo a doverla chiedere in prestito ai mercati finanziari, facendoci diventare schiavi dello spread e dei capricci degli speculatori;

hanno calpestato a più riprese la Costituzione italiana negandone, ad esempio, in Sicilia la sua applicazione, impedendo cioè la completa attuazione dello Statuto della Regione siciliana;

hanno stipulato innumerevoli accordi internazionali che da sempre penalizzano le produzioni siciliane;

hanno alimentato politiche che nei risultati hanno favorito la mafia la quale, attraverso la miseria e il sottosviluppo, trova un substrato fertile per le proprie attività;

hanno svenduto una enorme parte delle aziende pubbliche regalandole ai grandi gruppi esteri e si apprestano a svenderne l’ultima parte rimasta, con la scusa del risanamento;

– hanno lasciato fallire le aziende italiane e siciliane permettendone la svendita alle aziende estere, in particolare tedesche, perché invece di aiutarle con prestiti diretti o con il credito d’imposta, hanno prestato quasi gratis il denaro alle banche, le quali poi non lo hanno dato alle aziende.

In considerazione di ciò e del fatto ormai noto agli addetti ai lavori che la Sicilia si appresta ad essere anch’essa svenduta e smembrata, diventando (o rimanendo) una regione del terzo mondo nella quale gli stipendi e i salari faranno concorrenza a quelli di Cina e India, sono obbligato ad ammettere che un programma come quello paventato dal professore Costa può rappresentare un ottimo inizio per la riscossa Siciliana e italiana.

L a Sicilia può essere la scintilla del risveglio per tutta l’Italia.

La chiamata a raccolta di tutte le forze di buona volontà ha indubbiamente dei rischi, il principale dei quali è senz’altro la possibilità che possano aderire al progetto individui o gruppi ansiosi di riciclarsi. Il problema però è molto minore di quello che sembra a prima vista, per vari motivi.

Il primo: le dirigenze dei partiti nazionali sono contrarie all’applicazione dello Statuto siciliano, perché garantirebbe la fine dello Stato clientelare e del dominio mafioso sull’Isola, con la conseguente perdita di potere su una Regione potenzialmente ricca come la Sicilia.

Secondo: le dirigenze dei partiti nazionali sono favorevoli alla schiavitù dell’euro in quanto complici della Commissione di burocrati che si è sostituita agli Stati nazionali senza chiedere il permesso ai cittadini, e non accettano quindi il concetto di altra moneta da affiancare all’euro.

Cosa sto dicendo? Dico che chiunque esca pubblicamente sposando un programma come quello del professore Costa si mette apertamente contro i voleri dei capi dei nostri capi fornendo un enorme segno di buona volontà che non si potrebbe sottovalutare.

All’interno delle forze politiche ci sono tantissimi cialtroni, questo è fuori di dubbio, ma esistono tante persone di buona volontà che, per ignoranza o per gli ostacoli opposti dai capi partito, non hanno mai potuto marciare realmente per il bene della società, queste forze non vanno demonizzate perché possono rappresentare un aiuto per il riscossa del popolo siciliano.

Anche chi non si è mai sporcato con la politica partitica, però, deve stare molto attento e sposare la causa senza personalismi e senza alimentare quelle divisioni che fino ad ora sono state la principale arma dei poteri forti nella perpetuazione del loro dominio.

 


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