A disporre la custodia cautelare è stato il gip di Caltanissetta. Il 69enne è ritenuto vicino alla cosca gelese, da cui avrebbe ottenuto protezione in cambio della disponibilità a riciclare fondi. A ottobre Antonio Catania era stato raggiunto dal provvedimento, ma la Procura aveva fatto confusione: «Emanuele è conosciuto come Nino», spiega l'avvocato
Rinzivillo, arrestato imprenditore Emanuele Catania Un mese fa fermato fratello per scambio di persona
Nuovo colpo al clan dei Rinzivillo. Dopo i quasi 40 arresti di un mese fa, nell’ambito dell’operazione Extra fines, la Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta ha ottenuto dal Tribunale una nuova ordinanza di custodia cautelare. A essere arrestato è stato il 69enne Emanuele Catania, imprenditore gelese attivo nel settore ittico, considerato dai magistrati uno dei principali business della cosca mafiosa guidata da Salvatore Rinzivillo. Con affari non solo in Sicilia, ma anche in Italia e all’estero.
L’arresto di Catania potrebbe spiegare quello che all’indomani dell’operazione era apparso uno scambio di persona. Tra i destinatari del provvedimento eseguito dalla polizia c’era, infatti, anche Antonio Catania, fratello minore di Emanuele. «L’ordinanza è stata revocata dietro istanza dello stesso pubblico ministero al quale abbiamo chiarito la posizione del signor Catania», aveva dichiarato il suo legale, l’avvocato Giacomo Ventura. A difendere il nuovo arrestato è lo stesso Ventura. «Gli rivolgono le stesse accuse – spiega il legale a MeridioNews -. In sostanza un mese fa ci fu uno scambio di persona poiché Emanuele Catania è conosciuto come Nino e dunque si è pensato che il destinatario dell’ordinanza dovesse essere Antonio. I due fratelli comunque – chiarisce Ventura – non hanno rapporti professionali».
Catania è definito dai magistrati «imprenditore al servizio di Cosa nostra» a partire dagli anni Novanta. Tale vicinanza avrebbe comportato benefici tanto a lui quanto alla mafia: il primo, infatti, avrebbe beneficiato di protezione nei confronti delle richieste estorsive da parte del clan Emmanuello – per lungo tempo acerrimo avversario dei Rinzivillo nel Gelese -, mentre la cosca avrebbe potuto sfruttare le attività commerciali per riciclare i fondi illeciti provenienti dal commercio di stupefacenti e dal racket. L’arresto dell’imprenditore è stato seguito dal sequestro, da parte del Gico della guardia di finanza di Roma e della Squadra mobile di Caltanissetta, di un patrimonio di circa sette milioni di euro: i sigilli sono stati infatti posti a tre società con sede a Gela e a una ditta individuale.
L’operazione Extra fines – a cui hanno lavorato le Procure di Roma e Caltanissetta – ha portato a fare luce al giro di affari legati alla famiglia Rinzivillo. Le accuse per gli indagati sono state diverse: dall’estorsione alla detenzione illegale di armi, dal riciclaggio all’intestazione fittizia di società, fino alla droga e, chiaramente, l’associazione mafiosa. Tra gli imprenditori finiti in manette con le stesse accuse rivolte a Catania anche Carmelo e Angelo Giannone, padre e figlio considerati organici al clan. L’interesse nel mondo del pesce avrebbe riguardato anche un giro di affari che arrivava fino al Marocco, grazie alla collaborazione con Francesco Guttadauro, già condannato per associazione mafiosa e figlio del noto medico Giuseppe Guttadauro, nonché nipote acquisito della sorella del boss latitante Matteo Messina Denaro.
Per la Dda di Caltanissetta, i Rinzivillo avrebbero letteralmente mappato il commercio del pesce, con tutti i mercati ittici a cui veniva imposto il pagamento di una somma – da versare alle varie consorterie mafiose locali – per potere accedere all’acquisto del pesce.