Rimpasto di giunta, tutti i crucci della coalizione Sicilia Futura potrebbe confluire negli Autonomisti

Si scrive Finanziaria, si legge rimpasto. Quel che è certo, come confermato qualche giorno fa dal governatore Nello Musumeci, è che il rimpasto ci sarà e sarà prima delle elezioni Europee. Addirittura c’era chi assicurava, almeno fino a qualche giorno fa, che sarebbe stato più o meno contestuale alla Finanziaria. Quest’ultima ipotesi si allontana adesso dall’orizzonte politico, alla luce del percorso sempre più ripido per la Legge di Stabilità, considerato che la scure della Corte dei Conti rende probabile una proroga dell’esercizio provvisorio, quantomeno per un altro mese.

C’è un’altra certezza tra i corridoi dei palazzi della politica: se Nello Musumeci e Gianfranco Micciché non sono ai ferri corti, il passo è comunque breve. E in quest’ottica, i ben informati declinano una serie di dichiarazioni rilasciate dai due negli ultimi giorni. Come la dura presa di posizione del governatore a proposito del teatro antico di Siracusa, «che è di proprietà della Regione – ha tuonato – non dell’Inda». Una fondazione molto vicina a Forza Italia, dalle parti del capoluogo aretuseo, soprattutto all’ex ministra Stefania Prestigiacomo. Ragione per cui non erano in pochi a legare quelle dichiarazioni all’assessore un tempo espressione dell’esponente forzista, Edy Bandiera. Ma c’è anche un’altra strada che serpeggia tra i corridoi del Palazzo: colpire gli uomini (e le donne) di Micciché, per puntare direttamente al presidente dell’Assemblea, reo di aver paralizzato l’attività dell’Assemblea sulla Finanziaria. 

Di contro, Micciché ha parlato di «troppi catanesi in giunta». E nell’ottica del rimpasto, se a una prima occhiata pareva che il primo inquilino di Sala d’Ercole si scagliasse contro il fedelissimo di Musumeci, Ruggero Razza, c’è chi conferma che invece a Micciché starebbe molto più indigesto Marco Falcone, ufficialmente uno dei suoi assessori in giunta, ma che in realtà risponderebbe direttamente a Musumeci. E seguendo questo ragionamento il riferimento ai «troppi catanesi» da sostituire potrebbe anche coinvolgere il titolare delle Infrastrutture. 

E poi ci sono i movimenti minori, ma non per questo meno significativi, proprio dalle parti dell’Assemblea. Come la nascita dell’intergruppo parlamentare tra Vincenzo Figuccia (Udc), Gaetano Galvagno (Fdi), Danilo Lo Giudice (Misto) e al quale hanno aderito anche i forzisti Rossana Cannata e Luigi Genovese. Un segnale, evidentemente, che i cinque deputati – non a caso tutti non completamente allineati all’interno dei loro partiti – hanno voluto lanciare alle forze politiche della coalizione. Non mancherebbero i movimenti anche dalle parti del gruppo Popolari e Autonomisti, composto da sei deputati, ma che esprime ben due assessori in giunta. Una sproporzione che avrebbe fatto storcere il naso a molti all’interno della coalizione. Ragione per cui sembrerebbe che il gruppo abbia tutta l’intenzione di crescere numericamente. Tra i corridoi del Palazzo danno per certo l’ingresso dei due parlamentari di Sicilia Futura, Edy Tamajo e Nicola D’Agostino. Ma ad oggi nulla è stato ufficializzato. 

Sembrerebbe, invece, che Mariella Ippolito abbia già firmato le proprie dimissioni da assessore alla Famiglia. Ma per il resto non si esclude nulla. In bilico ci sarebbero anche nomi finora salvati dalle indiscrezioni giornalistiche, come Mimmo Turano. La delega all’Energia dovrebbe restare all’Udc, anche se non è da escludere una dipartita di Pierobon. E poi l’Agricoltura: se in molti, infatti, si dicono convinti che Micciché salverà dal rimpasto Bandiera, i ben informati sostengono che la sua delega sia già libera. In un rimpasto Bandiera potrebbe, però, finire in un altro assessorato. 


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