C’erano una volta tre sorelle, erano molto diverse tra loro, ma ognuna di loro stava particolarmente a cuore al governo che le aveva fortemente volute. Le tre sorelle in questione sono la riforma delle province, quella dei consorzi di bonifica e quella della polizia locale. Tre cavalli di battaglia dell’esecutivo regionale guidato da Renato Schifani, […]
In Regione la riforma dei vigili urbani: perché stavolta può andare in porto dopo 32 anni
C’erano una volta tre sorelle, erano molto diverse tra loro, ma ognuna di loro stava particolarmente a cuore al governo che le aveva fortemente volute. Le tre sorelle in questione sono la riforma delle province, quella dei consorzi di bonifica e quella della polizia locale. Tre cavalli di battaglia dell’esecutivo regionale guidato da Renato Schifani, che come spesso è accaduto, non ha dovuto neanche fare grande esercizio di fantasia, visto che tutte e tre i temi provengono in un modo o nell’altro dal libro dei fallimenti di Nello Musumeci. Tre riforme che nelle aspettative del governo, sarebbero dovute arrivare quanto prima, le ultime due addirittura dopo le elezioni amministrative di giugno, si diceva, ma così non è stato, anche se non tutto è perduto, anzi. Nel caso della riforma delle province, al momento l’ostacolo è Roma, che non si decide ad abrogare la riforma nazionale targata Graziano Delrio. La riforma dei consorzi di bonifica, che in sostanza sconfessa il lavoro nello stesso senso fatto dal precedente governo, con cui – è bene ricordarlo – questo è in continuità, ha finito il suo iter in commissione e attende di approdare all’Ars.
Più indietro è invece la riforma polizia locale, che ad agosto ha terminato – e superato – l’esame della commissione Affari istituzionali dell’Ars, salvo poi scomparire mediaticamente dai radar. Una scomparsa però solo mediatica, appunto: il disegno di legge infatti si trova in coda tra le pratiche ancora da esitare della commissione Bilancio. Un cammino silenzioso, ma che potrebbe portare risultati, a differenza del precedente tentativo. «Dopo 28 anni il governo regionale approva la riforma della Polizia locale» annunciavano infatti festanti Nello Musumeci e l’allora assessora forzista Bernadette Grasso nel presentare la loro riforma della polizia locale, che mai è però arrivata a toccare uno scranno di sala d’Ercole. Era il 2019. Adesso che di anni dalla riforma vigente ne sono passati 32, però qualcosa potrebbe essere diverso. Tanto per cominciare dovrebbe essere una riforma immune agli screzi interni della maggioranza, visto e considerato che può considerarsi condivisa da diverse aree dell’opposizione.
«La riforma è stata esitata in prima commissione – dice a MeridioNews Angelo Cambiano, vicepresidente della commissione Affari Istituzionali, deputato del Movimento 5 stelle, quindi d’opposizione rispetto a Renato Schifani e alla sua maggioranza – Questa volta pare che il governo abbia la volontà di procedere. Si tratta di una riforma attesa almeno da un ventennio, si è trovata anche un’intesta di massima con le altre forze politiche dopo le audizioni che state fatte, dove sono state ascoltate le esigenze dei rappresentanti sindacali e degli enti locali». D’altra parte, così com’è stato scritto, il Ddl andrà a modificare profondamente il comparto di polizia locale, dall’operatività alla collaborazione con altre forze, anche private, fino alle regole di accesso.
La riforma prevede anzitutto l’istituzione ex novo di un’agenzia regionale per il coordinamento e la formazione della polizia locale, che avrà il compito di coordinare anche forze diverse di polizia locale, Comuni, Regione e persino con Roma, segnalando inadempienze e fornendo indicazioni e pareri, sempre sotto l’impulso della presidenza della Regione e dell’assessorato alle Autonomie locali. Altra grande novità sta nel campo della formazione, con la creazione prevista di una vera e propria accademia che si occuperà di forgiare i nuovi agenti e fornire quelli già in servizio degli adeguati aggiornamenti.