Riforma non petita, Ragusa manifesta

Maria Stella riforma, il governo decreta, il Senato fa sì con la testa. Dopo la legge 133, anche il decreto Gelmini diventa realtà. Ma il mondo dell’istruzione non ci sta. Non ci stanno i docenti, dalle maestre della primaria ai professori d’ambiente accademico; non ci stanno gli studenti, dagli scolaretti delle elementari agli universitari – passando, naturalmente, per i gradi intermedi. E non in nome di una mera equivalenza “manifestazione = vacanza”, ma tutti animati da una consapevolezza ben precisa – “manifestazione = difesa della cultura, del diritto democratico allo studio” – urlata a gran voce in numerose città d’Italia. Roma, certo. Milano, Bologna, Napoli, senz’altro. Ma anche molti altri centri urbani si sono mobilitati, e Ragusa tra questi.

Piazza San Giovanni il punto di incontro prestabilito, dunque il corteo ha percorso i punti nevralgici della città: Corso Italia, ponte S. Vito, Piazza Cappuccini, Piazza Libertà, via Roma: una ricca folla si è assiepata intorno a megafoni e fischietti, ha richiamato l’attenzione di condomini e impiegati affacciatisi dai balconi delle proprie case e dei propri uffici, ha esibito striscioni e manifesti che sbandieravano una evidente disapprovazione per le riforme varate. Si è fatta notare, insomma.

Studenti, dicevamo. Come quelli che sono venuti in massa dai licei della provincia, Modica per esempio.
Insegnanti, appunto. Come le maestre e i professori, appartenenti al Coordinamento per la difesa della scuola pubblica, che capitanavano il corteo.
Ma anche numerosi genitori, accorsi per esprimere la propria preoccupazione per il futuro, o dovremmo dire per il presente?, dei propri figli.

Si invoca il referendum; si ripetono slogan, ormai più simili a tormentoni, presi in prestito da altre manifestazioni; si salta perché “chi non salta Gelmini è” (si può capire che gli studenti delle medie hanno giocato un ruolo importante), si propongono nuovi coretti da intonare, anche se sono poi sempre gli stessi a prevalere.
Poco importa che il tempo si sia messo a fare i capricci: tanto, “non ci ferma neanche la pioggia”. E, infatti, in pochissimi si sono lasciati scoraggiare; i cartelloni, asciutti o infraciditi, continuavano comunque a urlare dissenso.
“Anche l’operaio vuole il figlio dottore”, si legge in un manifesto; S.O.S. non sta più per “Save Our Souls” ma per “Save Our Schools”; e che la Gelmini nuocesse gravemente alla salute della scuola lo si sapeva già prima, ma è sempre bene ribadirlo.
E poi, alcuni studenti ricordano – nel caso gli avvenimenti degli ultimi giorni ci avessero fatto pensare il contrario – che “tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero”. Anche questo non è male ribadirlo.
In prima fila, “Univergogna, l’università della gogna” faceva la sua figura. È vero, non tantissimi gli studenti delle facoltà ragusane, ma comunque ben in vista.

Un corteo per certi versi ottimista – finché c’è voglia di scendere in piazza, seppure coi ritardi del caso, vuol dire che ancora resiste una minima speranza di poter cambiare le cose – , per certi versi disincantato… (ogni tanto si levava un realista “siamo nella…”).
Ma funebre no, nonostante sfilasse la bara della Scuola Pubblica, realizzata dagli studenti del liceo E. Fermi di Ragusa. Un corteo vivace, a cui hanno voluto aderire in tanti: anche quella professoressa del liceo linguistico di Ragusa che, pur di far numero e dire apertamente “no, non sono d’accordo”, ha scioperato nel suo giorno libero.
Non si sa mai: meglio approfittarne ora, se davvero hanno ragione gli studenti dell’ Istituto G. Verga di Modica: “hanno venduto la cultura, da domani dittatura”.

IL VIDEO DELLA MANIFESTAZIONE


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