Rifiuti, riparte una settimana di fuoco per la riforma Tra emendamenti e opposizioni sul piede di guerra

Dalla differenziata alle discariche, dal criterio di prossimità degli impianti al piano regionale dei rifiuti, fino all’annosa questione legata al personale. Inizia l’ennesima settimana calda per l’Assemblea Regionale Siciliana, chiamata a mettere ordine nel caos dei rifiuti, attraverso la riforma targata Pierobon. Un testo il cui iter parlamentare appare quanto mai in salita, a causa anche dei tempi risicati (dovrebbe essere esitato entro il 13 dicembre, giorno in cui verrà resa nota la parifica della Corte dei Conti e a partire dal quale, dunque, bisognerà affrontare la questione dell’assestamento di bilancio) e delle frizioni ormai implose nella maggioranza di governo. Sfociate nello scontro aperto tra il governatore Nello Musumeci e il primo inquilino di Sala d’Ercole, Gianfranco Micciché, nel giorno della seduta dedicata alla situazione finanziaria della Regione. Da allora, un silenzio che pare sia stato interrotto soltanto in un incontro tra i due a inizio della scorsa settimana.

Adesso il tema caldo restano i rifiuti e il governatore, come annunciato in Aula, corre ai ripari e chiede un confronto diretto coi capigruppo. Gli incontri sono stati convocati per domattina, quando Musumeci ha invitato i singoli presidenti dei gruppi parlamentari al dialogo sulla riforma. Ma dalle opposizioni le barricate sono ormai alzate: «Il confronto – annunciano in maniera pressoché unanime, da Pd, 5 Stelle e gruppo Misto – avvenga in Aula, non a porte chiuse».

In un quadro di certo non rassicurante, restano depositati i 700 emendamenti al disegno di legge, oltre la metà dei quali soppressivi, a firma delle opposizioni, mentre sono circa 40 le modifiche che il governo ha proposto alla sua stessa riforma. Dalle parti dell’assessorato all’Energia ridimensionano, parlando di «modifiche che puntano ad armonizzare il testo», ma in quegli emendamenti in molti, tra i corridoi dell’Assemblea, intravedono il tentativo di portare la proposta di legge alla sua versione iniziale, prima cioè che la commissione Ambiente facesse il lavoro di sintesi tra le diverse posizioni.

Il principio cardine della riforma resta comunque invariato: l’obiettivo è infatti di restituire autosufficienza ai territori. Il servizio, almeno in linea di principio, è immaginato in modo tale da garantire a ciascuna provincia di iniziare e chiudere il proprio ciclo dei rifiuti, evitando così i lunghi viaggi dei rifiuti da una parte all’altra dell’Isola. Capitolo a parte, ovviamente, riguarda gli impianti: la norma si limita alle linee guida e alla tempistica rispetto agli iter autorizzativi, ma rimanda al Piano regionale di gestione dei rifiuti la definizione delle strutture in base ai fabbisogni dei singoli territori. Anche su questo punto non mancano gli emendamenti criptici da parte tanto del governo, quanto delle opposizioni.

Sul fronte della differenziata e degli stessi impianti, sono diversi gli emendamenti che mirano a definire con maggior precisione alcuni aspetti: dagli impianti, che non dovranno essere sovradimensionati rispetto alle esigenze del singolo territorio (emendamento a firma Fava), alla valorizzazione del rifiuto, che dovrà privilegiare il recupero di materia a quello energetico (Pd), fino alla garanzia che la norma dovrà provvedere non soltanto ad assicurare la continuità del servizio, ma anche a garantire l’insediamento degli organi e il trasferimento delle funzioni e del personale (M5S).

Ma a ben guardare, ad esempio, ecco che sulla questione legata al personale e alla garanzia dei livelli occupazionali, le proposte si sovrappongono. Così un emendamento pressoché uguale è stato presentato tre volte, a firma dei deputati 5 Stelle, dei parlamentari di Diventerà Bellissima, e dello stesso esecutivo, per modificare un paletto che prevedeva il passaggio del personale dalle ex società pubbliche alle Ada. In questo modo, però, alcuni lavoratori di una società di Enna, partecipata al 99 per cento e per l’1 per cento privata, non sarebbero stati garantiti. Così ecco la rettifica: il trasferimento di personale alle Ada sarà consentito dalle società «ad almeno il 90 per cento di partecipazione pubblica».

La gestione della fase di transizione per trasformare un sistema che si basa sostanzialmente su (poche) discariche in uno che preveda l’autosufficienza non sarà certo una passeggiata. Ragione per cui il testo proposto dal governo non esclude la possibilità «di stipulare accordi in ambito europeo o con altre regioni» per l’eventuale invio di rifiuti fuori dall’Isola. Opzione che invece tanto il Pd quanto i 5 Stelle aboliscono con due emendamenti di riscrittura dell’articolo.

Ancora, la norma prevede che attraverso il Piano regionale dei rifiuti si possano individuare anche degli impianti per il trattamento o lo smaltimento di rifiuti speciali, fermo restando il principio di prossimità (di vicinanza, cioè, al luogo in cui quei rifiuti speciali vengono prodotti). Anche in questo caso, il Movimento 5 Stelle propone paletti più stringenti per tutelare le aree a rischio o di interesse culturale, con un emendamento in cui si specifica che la pianificazione di questi impianti dovrà evitare «impatti ulteriori sulle zone di protezione speciale, siti di interesse comunitario, zone già dichiarate di crisi ambientale e zone di rilevanza artistica e paesaggistica». Sempre a proposito della tutela ambientale, un altro emendamento, questa volta a firma Fava, impegna la Regione a pianificare i nuovi impianti «solo ed esclusivamente in aree riconosciute nel piano regolatore di pertinenza come aree industriali da non meno di 10 anni».


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