Le zone della città in cui non ci sarà il porta a porta avranno dei cassonetti più piccoli, e più diffusi, che si apriranno soltanto dopo avere passato una scheda magnetica. Ci saranno poi solo due tipi di contenitori: uno per l’umido e l’altro per il secco multimateriale, che sarà poi differenziato nei centri comunali di raccolta. Sono le due novità che emergono a proposito del piano di intervento per la raccolta della spazzatura nella città di Catania. Il documento che non deve dirsi «nuovo» – pena un secondo passaggio al Consiglio comunale dopo quello del 2016 – e che appunto negli uffici di Palazzo degli elefanti continuano a definire «aggiornato». Dirimente, in questo senso, dovrebbe essere la questione del costo complessivo del servizio: oltre i 350 milioni di euro già previsti non si dovrebbe andare, e da questo dovrebbe discendere la possibilità di non passare dal vaglio dell’aula consiliare. Tanto può prevedere di investire l’amministrazione comunale e tanto può permettersi di pagare l’amministrazione con la nuova tariffa Tari approvata nelle scorse settimane (prevedendo, però, di inserire gli importi che normalmente vengono evasi in un fondo costituito ad hoc).
Le due novità citate dovrebbero servire a dare una batosta al fenomeno, più volte denunciato da questa e dalla passata amministrazione, dei rifiuti gettati a Catania dai residenti dei Comuni limitrofi dove il porta a porta è attivo da più tempo. Si tratterebbe di decine di tonnellate ogni giorno, materia che ingolfa i cassonetti etnei e alimenta le micro-discariche abusive. Spazzatura che Catania è costretta a smaltire nonostante non siano state prodotte in città. Senza il tesserino magnetico – associato a ogni utenza – i nuovi cassonetti non potranno essere aperti e, dunque, la spazzatura extra non si potrà conferire. Dovessero poi proliferare ancore le discariche, la responsabilità dovrebbe essere attribuita ai forestieri. A patto che, come il piano dovrebbe prevedere, i bidoni 2.0 siano in numero sufficiente per le necessità delle ampie zone in cui il porta a porta spinto (cioè quello che attualmente si fa nel centro storico) non dovrebbe essere possibile.
La suddivisione, poi, nei soli umido e secco multimateriale dovrebbe essere utile per aiutare la cittadinanza, fino a questo momento in maggioranza refrattaria alla corretta differenziazione dei rifiuti. Sebbene anche per colpe non della collettività. Il modello bipartito, già utilizzato in alcune zone del Veneto e dell’Abruzzo (per fare qualche esempio italiano), si dovrebbe affiancare al potenziamento dei centri comunali di raccolta. Cioè le isole ecologiche, al momento sottoutilizzate quando non proprio abbandonate. Come quella di via Generale Ameglio, nei pressi del viale Mario Rapisardi, a Nesima. Gli uffici stanno tentando di rastrellare finanziamenti per rimettere in sesto quelle che ci sono e per costruirne di nuove. Nel frattempo, però, bisogna lavorare con quello che si ha.
Se saranno confermate queste indiscrezioni, affinché il nuovo sistema entri a regime ci vorranno almeno un paio d’anni: senza tutta quella varietà di colori e forme di cassonetti, saranno necessari meno operai. I quali potranno essere spostati alle isole ecologiche, dove dovrebbe arrivare il secco per essere suddiviso in carta, plastica e vetro e, successivamente, inviato ai centri che tratteranno i vari materiali. Riducendo, di conseguenza, anche il costo del conferimento in discarica. L’umido, invece, potrebbe andare direttamente negli impianti di compostaggio. I verbi si ostinano, comunque, a rimanere al condizionale. Del resto, sono già passati 12 giorni dalla scadenza indicata dal sindaco di Catania Salvo Pogliese nel corso di un’assemblea pubblica a CittàInsieme: «A fine marzo pubblicheremo il bando per la gara settennale», aveva detto il primo cittadino. Marzo è finito e di recente sembra essere stata messa in discussione anche la durata dell’appalto: l’assessore all’Ecologia Fabio Cantarella ha dichiarato nel corso di un’intervista a La Sicilia, la scorsa settimana, che forse sarà accorciato e diventerà quinquennale. Questione di budget, ha sostenuto all’epoca il componente della giunta. Anche se il servizio di raccolta dei rifiuti deve essere interamente coperto con le entrate del pagamento della tassa.
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