Ricovero negato per il clochard di Vulcania «I senzatetto sono più rifiutati dei tossici»

Una storia di degrado e mancanza di assistenza che rischia di lasciarsi dietro troppe vittime. E’ quella di Waldemar Czeslaw Wielguszewski, il clochard polacco di 54 anni morto all’interno dell’ex centro commerciale Vulcania lo scorso giovedì. Probabilmente ucciso da Abderrahim Kasimi, senzatetto marocchino che viveva con lui. Adesso delicata è anche la situazione di Kamil, polacco pure lui, 28 anni, il terzo del gruppo di clochard protagonista delle cronache della scorsa settimana, e la madre del ragazzo che lavora come badante in una famiglia catanese. Dopo la morte del connazionale, in un primo momento ritenuto il padre, Kamil viene portato in ospedale. Lì comincia la sua odissea fatta di un non ricovero nonostante non si regga in piedi. E non solo per l’acool. Una situazione che va avanti per giorni fino a questa mattina, quando qualcosa all’ospedale Vittorio Emanuele di Catania sembra finalmente muoversi. La madre, intanto, da quando la vicenda ha cominciato a diventare nota, vive nella paura di perdere il posto. La famiglia nella quale presta servizio ha iniziato a chiederle spiegazioni di questo figlio dalla vita così sregolata, lontano da lei soprattutto a causa del suo lavoro, che la tiene impegnata tutto il giorno.

Tutto comincia dopo il presunto omicidio di Waldemar Czeslaw Wielguszewski. Andrea, come i volontari chiamano Kamil, è ubriaco come capita troppo spesso. Non si regge in piedi e così viene portato al pronto soccorso del Vittorio Emanuele. Alcuni medici ipotizzano un forte choc per la morte di quello che credono sia il padre, eppure nessuna visita psichiatrica viene eseguita. Una dottoressa intuisce che Kamil potrebbe invece soffrire di una neuropatia, conseguenza dell’uso costante di alcolici e aggravata dal fatto che il giovane non cammina da mesi, ritrovandosi con le fibre muscolari contratte e rinsecchite. Ma passano i giorni e nessun ricovero viene disposto. Il giovane resta in osservazione nel reparto di Medicina d’urgenza, dal quale i medici tentano spesso di dimetterlo. Tra le motivazioni dei dottori ci sarebbero la nazionalità straniera – seppure comunitaria – di Kamil e le sue difficoltà con l’italiano. «Perché un senza dimora puzza ed è sporco, normalmente si porta addosso una serie di altri problemi e non c’è nessuna famiglia dietro che può condividere il peso anche solo logistico», spiegano invece i volontari che lo assistono, mai abbastanza abituati a certe vicende.

Anche perché i medici del Vittorio Emanuele non sono i primi ad aver visitato e dimesso Kamil. Come dimostra un referto trovato nelle tasche dello stesso ragazzo, nemmeno una settimana prima era stato al pronto soccorso del Cannizzaro. Definito astenico perché inappetente e rimandato a casa, per strada. Ma stamattina accade quella che potrebbe essere una svolta per la sua vicenda: il primario del reparto di osservazione ha accettato di sottoporre il ragazzo a una tac e a una consulenza neurologica. Se la neuropatia sarà accertata, Kamil avrà bisogno di un percorso di riabilitazione. Per lui potrebbe essere disposto il ricovero in una residenza sanitaria assistenziale, pubblica o privata, prevista per le degenze lunghe, fino a sei mesi, e pagata in parte dal Comune e in parte dal servizio sanitario nazionale.

Una storia quasi a lieto fine. Se non fosse che di potenziali Kamil è piena Catania. Ma nemmeno i volontari sanno più dove si trovino, dopo lo sgombero di corso Sicilia disposto dall’assessore al Welfare Fiorentino Trojano, e così non possono aiutarli. «Vulcania, ad esempio, è peggio di corso Sicilia perché è un sacco, non ci sono scambi con l’esterno», commenta un operatore. «Si sono sparpagliati – aggiunge un altro – Alcuni si sono spostati verso la via Etnea alta, in un cantiere nella zona di via Ardizzone Gioeni». Ma c’è anche chi è tornato a vivere in quello che si pretende sia il salotto buono della città, il centro storico. Sempre ai margini, perché «io lavoro sia con i tossici che con i senza dimora. E i secondi sono veramente i più rifiutati», conclude un volontario.

[Foto di Croce Rossa Italiana, Comitato di Milano]


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Kamil, polacco, 28 anni, fa parte del gruppo di senza dimora protagonista delle cronache della scorsa settimana per l'omicidio di uno di loro, Waldemar Czeslaw Wielguszewski, forse da parte del terzo, Abderrahim Kasimi. Trasportato all'ospedale Vittorio Emanuele dopo la tragedia, perché incapace persino di stare in piedi, da allora attende le cure necessarie. Una situazione che potrebbe aver avuto una svolta positiva stamattina ma che resta grave per tutti gli altri senzatetto etnei. «Dopo lo sgombero di corso Sicilia, si sono sparpagliati», commenta un volontario

Kamil, polacco, 28 anni, fa parte del gruppo di senza dimora protagonista delle cronache della scorsa settimana per l'omicidio di uno di loro, Waldemar Czeslaw Wielguszewski, forse da parte del terzo, Abderrahim Kasimi. Trasportato all'ospedale Vittorio Emanuele dopo la tragedia, perché incapace persino di stare in piedi, da allora attende le cure necessarie. Una situazione che potrebbe aver avuto una svolta positiva stamattina ma che resta grave per tutti gli altri senzatetto etnei. «Dopo lo sgombero di corso Sicilia, si sono sparpagliati», commenta un volontario

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