‘Restituire dignità alla parola’

Arrivato al terzo anno, qual’è il filo conduttore  che lega i poeti invitati a questa edizione di Voci del Mondo?
Beh il filo conduttore è più o meno lo stesso che accomuna ogni edizione di questo Festival: voler restituire dignità alla parola. Negli itinerari letterari che abbiamo affrontato prima con i poeti dell’area mediterranea e l’anno scorso con quelli dell’Est Europeo, l’obiettivo principale è stato quello di attraversare idealmente, grazie ai meravigliosi versi degli scrittori invitati, luoghi differenti, culture, lingue, modi di fare e atteggiamenti che ci sono lontani, ma che hanno una grande capacità espressiva. Dunque non un filo conduttore per tematiche, ma piuttosto per aree socio-geografiche e culturali.
Gli autori reciteranno nelle loro lingue madri. Lingue come l’euskara, il galiziano, ma anche quelle scandinave come pensa possano essere assorbite dal pubblico?
Nell’esperienza che questo festival ha accumulato sin qui, abbiamo assistito ad un pubblico sempre molto attento ed incollato all’esibizione degli artisti; in ciò è stato fondamentale, certamente, la traduzione simultanea e, sottolineo, non invadente proiettata alle spalle dei poeti. Abbiamo voluto dare a ciascun scrittore lo spazio necessario per potersi esprimere al meglio e credo sia molto bello poter ascoltare la musicalità di poesie in lingue differenti, con diverse etimologie e diverse strategie letterarie. Voci del Mondo è stato, dunque, pensato come uno straordinario incontro di poesia, ma anche e soprattutto come uno stimolante confronto tra culture. 

Parlando più in generale della sezione ARTE di Etnafest, abbiamo notato la presenza di almeno tre eventi costruiti sul legame tra musica e letteratura; lei che opinione ha del rapporto tra lo scritto e il musicato? Qualche anno fa si parlava di un nobel a Bob Dylan
Ed io sarei perfettamente d’accordo per dare il nobel della letteratura a Bob Dylan! Quest’anno mi sono inventato all’interno di Arte, la rassegna “Poesia senza note”. Quì interverranno cantautori come Edoardo Bennato o Roberto Vecchioni in una particolare lettura dei loro testi senza il classico accompagnamento musicale. Io sono fermamente convinto che le arti interagiscano in ogni caso. Infatti l’intero Etnafest va concepito come uno spaccato di conoscenze da godere scavalcando un possibile steccato preconcetto di stili, forme e contenuti. Ma, quello che mi preme ribadire e mi ripeterò probabilmente, è che nostro obiettivo è il recupero di quella parola che, prezioso collegamento tra civiltà, ahimè è spesso violentata, vilipesa e annegata.
Le arti interagiscono diceva, la mostra “L’anima del volto” è uno di questi “incontri”?
Esattamente. “L’anima del volto” è l’incontro tra il talento al disegno di Tullio Pericoli e lo splendide rughe esistenziali dello scrittore Beckett. Ma segnalo anche “Parolavisioni” (dal 6 Maggio ndr): la bellissima provincia di Catania raccontata da foto e narrazione.

“Voci del mondo” è un festival internazionale, qual’ è, invece, la sua opinione sulla poesia attuale in Italia?
Ho un opinione purtroppo non troppo positiva. Credo che in Italia ci sia una poesia che si assomiglia troppo e che pecca in contenuti. Storicamente si è passati in maniera rocambolesca dalle avanguardie al minimalismo: due estremi che hanno trasformato il linguaggio poetico in una voce soffocata ed anche estremamente giornalistica alle volte. Il poeta deve avere delle provocazioni per le mani ed invece si abbandonano a testi che si piangono troppo addosso, un vero e proprio piagnisteo! Al contrario credo che l’artista debba essere un po’ un testimone.
E che abbia un ruolo sociale?
Sì, sociale, ma attenzione, non didascalico. Guai a scrivere poesie-comizi o testi che sanno d’invettiva.


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