Renzi e i parlamentari del PD discutono del nulla, mentre l’Italia precipita nel baratro

E BRAVI I SIGNORI DEL PARTITO DEMOCRATICO CHE OGGI TROVANO NORMALE SIGLARE ACCORDI CON BELUSCONI. OBIETTIVO: UNA BELLA RIFORMA ISTITUZIONALE IN STILE P2 DI LUCIO GELLI. MA ISCRITTI E MILITANTI DI QUESTO PARTITO NON HANNO NULLA DA DIRE?

Abbiamo assistito in streeming alla discussione tra il segretario-premier, Matteo Renzi, ed i gruppi parlamentari del Partito Democratico. Ci saremmo aspettati un dibattito sulle ragioni che dividono i pareri sul nuovo Senato e sulla legge elettorale, al fine di trovare soluzioni unitarie. Invece, abbiamo assistito ad una rassegna di intenzioni riformatrici da affrontare nei prossimi mille giorni di governo. L’unico sussulto nell’assemblea è venuto quando Renzi ha chiesto ferie brevi perché gli impegni incalzano. E gli impegni riguardano le modifiche costituzionali e la legge elettorale convenute con Forza Italia.

Si badi, solo con Forza Italia, perché sia le altre formazioni di destra che le residue componenti centriste ed i grillini hanno tutti avanzato riserve sulle soluzioni convenute dai due: soluzioni ispirate da quel genio dei papocchi politico-elettorali di nome Denis Verdini, oggi rinviato a giudizio per bancarotta fraudolenta.

A questo proposito non può essere sottaciuto il grande talento che contraddistingue Silvio Berlusconi nello scovare tutte le persone che nella loro vita professionale o privata hanno degli scheletri nascosti nell’armadio e che, prima o poi, vengono alla luce: Dell’Utri, Cosentino, Tarantini, Galan, Previti – solo per citare i più in vista – per farne i suoi più stretti collaboratori. E’ un talento vero e proprio e molto volentieri vogliamo e dobbiamo riconoscerglielo.

Al di là della parentesi sul talent-scaut berlusconiano, il dibattito del gruppo parlamentare PD non ha offerto nemmeno un cenno su quello che dovrebbe essere il principale cruccio del Governo: la crisi economica del Paese, il crollo dell’occupazione nel Paese e, soprattutto, nel Mezzogiorno, la povertà in grande ascesa e la inesistente prospettiva della ripresa e della crescita economica. L’unico accenno, di sfuggita, la riapertura del credito alle imprese da parte delle banche. Per il resto, il silenzio più assoluto.

Viene voglia di urlare: ma che governa a fare uno che non ha nemmeno l’idea più pallida del rilancio dell’economia, di un progetto industriale per il Paese e per il Mezzogiorno? Che l’unica preoccupazione del suo governo è quella di limitare la partecipazione popolare alle scelte politiche e democratiche (vedi l’aumento del numero delle firme per chiedere i referendum, lo stesso per presentare progetti di legge d’iniziativa popolare, lo sbarramento all’otto per cento dei voti per avere diritto alla rappresentanza in Parlamento, l’abolizione delle preferenze che privano l’elettore di selezionare il personale politico anche nell’abito delle proposte offerte dai partiti). Tutte misure tese a limitare il ruolo dell’elettorato attivo e di concentrare sempre più potere alle segreterie dei partiti.

Insomma una vergogna che ricorda molto da vicino il ‘Piano di Rinascita democratica’ di gelliana memoria, meglio noto come P2. Tutto questo dibattito fondato sul nulla, a fronte delle vere urgenze del Paese, fa venire in mente un detto popolare, che così recita “mentri u mericu sturìa u malatu si nni và”: traduzione per il resto del mondo “mentre il medico riflette sulle terapie da prescrivere il malato muore”.

In sostanza siamo arrivati sull’orlo del precipizio nel quale è caduta la Grecia e nel quale la subordinazione renziana, al pari di quelle dei governi precedenti, alle opzioni europee sugli orientamenti dei trattati vigenti ci ha portato. E il Nostro pensa di risolvere queste grandi contraddizioni con la flessibilità, che è un oggetto misterioso del quale ognuno dà la propria interpretazione e non indica nulla di certo nella prospettiva della ripresa economica, né del nostro Paese e né dell’Europa nel suo complesso.

E un fatto di sicuro positivo a fronte del deserto di iniziative popolari tese ad ostacolare il disegno autoritario che viene avanti e che ha origini lontane – dall’esperienza della P2, come abbiamo già ricordato – la raccolta di firme proposta dal Fatto Quotidiano teso a mobilitare la pubblica opinione sulla pericolosità che la politica di Matteo Renzi, in uno con quella di Silvio Berlusconi (il quale rivendica la paternità delle misure costituzionali in discussione), rischia di arrecare alla struttura democratica della Repubblica italiana.

Del pari va salutata con favore l’iniziativa della Lega Nord sulle riforme costituzionali a riguardo della possibilità di eliminare il divieto di referendum popolare sulla ratifica dei trattati internazionali, nonché di quelli europei. E’ un modo concreto di tentare di restituire al popolo italiano la dignità e la sovranità del Paese rispetto ai limiti che questa incontra a fronte della prevalenza degli interessi di altre potenze nei riguardi degli italiani. Questa è una rivendicazione che da anni avanziamo e che nessun partito o movimento ha mai raccolto, nemmeno il Movimento di Grillo e Casaleggio che pure si richiama costantemente, quasi ossessivamente, alle prerogative popolari nel determinare la sua politica. Come se la sovranità nazionale non fosse tra le priorità della dignità popolare.

In conclusione, vogliamo ricordare che noi siamo sostenitori delle riforme che tendano a meglio far funzionare la ”macchina’ dello Stato nel rispetto delle garanzie democratiche di partecipazione, di pluralismo politico e di rappresentanza. Per noi la governabilità appartiene alla sfera politica e non può essere costituzionalizzata né istituzionalizzata. Questo avviene nelle costituzioni ad immagine e somiglianza delle dittature militari (es. Egitto) e non. La democrazia è tutto un altro affare. Per queste elementari ragioni il governo Renzi ed il Partito Democratico di orientamento renziano non ci piacciono e se dobbiamo giudicarlo dal dibattito ascoltato ieri sera non ci piace in tutto il suo complesso, componenti ‘critiche’ comprese.

P.S. Ieri sera Renzi ha annunciato che la ministra degli Esteri, Federica Mogherini, era in Medio oriente e che aveva incontrato sia i rappresentanti israeliani e sia quelli palestinesi. L’unica cosa che non ci ha detto è: a fare cosa? Qual’è la posizione del governo di Matteo Renzi a riguardo del conflitto tra i due popoli (non possiamo dire tra i due stati, perché uno non esiste, forse è virtuale) che dura ormai ininterrottamente da oltre sessantacinque anni? Se lo avesse detto, magari per inciso, avrebbe reso un servizio al Paese.


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