Politica

I patemi di Schifani e la guerra senza quartiere in Forza Italia. Nomine bloccate e tutti in discussione nel partito

L’estate sta finendo, l’emergenza incendi non è poi stata così violenta, quelle relative alla siccità e ai rifiuti decisamente sì. Il caldo non è andato ancora via, nonostante qualche pioggia che, tanto per cambiare, ha già sollevato il timore del disastro idrogeologico. Ma ad alimentare l’ansia di palazzo d’Orleans c’è ben altro pensiero: ormai non è più una questione di maggioranza litigiosa, all’interno di Forza Italia è guerra aperta. E il presidente Renato Schifani non ha nessuna intenzione di stare a guardare.

La cartina tornasole di quanto sta accadendo nelle stanze della politica è stata la conferenza stampa in cui Schifani ha tuonato contro i suoi, parlando di «balletti inqualificabili» sulle nomine della Sanità. Le stesse nomine che hanno tenuto il governo sotto scacco per quasi un anno, tra rinvii e congelamenti e che si sono risolte in fretta e furia, col presidente che ha dichiarato di avere scoperto solo «dai giornali che questi nomi erano legati a partiti. Trovo questo sistema incancrenito, un sistema che va avanti da 20 anni e che mi preoccupa». Si stenta a crederci, visto che delle ingerenze della politica sulle nomine si è parlato sistematicamente in ogni singolo articolo di stampa sul tema e non certo a cose fatte. Nel tritacarne rientra Salvatore Iacolino, eminenza grigia dell’assessorato alla Salute, costretto a fare gli straordinari per fare quadrare i conti e accontentare politicamente tutti.

E c’è entrato pure Marcello Caruso, coordinatore regionale di Forza Italia, imposto dallo stesso Schifani, che tuttavia ha incassato una serie di insuccessi: dall’incapacità di mettere tutti d’accordo su cavalli di battaglia da campagna elettorale come la riforma delle Province, all’insistere sul salva-ineleggibili, e che ha sollevato bandiera bianca quando si è trattato di incasellare i direttori sanitari della sanità siciliana. Un contrattacco, dunque, quello di Schifani che, vistosi alle corde, ha deciso di infierire sulla cosa che ai suoi, tutti, sta più a cuore: le nomine. Critica alle ingerenze nella Sanità e freno a mano tirato in corsa sulla riforma degli enti locali, che in una sua parte prevede un sensibile aumento delle poltrone, con un componente in più nelle giunte, un vicepresidente del Consiglio previsto anche nei Comuni di piccole dimensioni e la nuova figura del consigliere comunale supplente. Una riforma patrocinata da Ignazio Abbate, presidente della commissione Affari istituzionali, in odore di assessorato regionale sotto rimpasto, ma soprattutto spinta da Forza Italia.

La stessa Forza Italia che Schifani sta provando ad arginare dall’interno e che, per tutta risposta, fa la corte a Roberto Lagalla, sindaco di Palermo in quota centrista, ma sempre più vicino alla compagine azzurra, dove gode degli sponsor pesanti del deputato nazionale palermitano Giorgio Mulè e di Antonio Tajani, che com’è noto non rientra esattamente nel novero dei migliori amici di Schifani. E poi c’è sempre la questione che riguarda le fronde storiche, da quella guidata da Marco Falcone ai soliti amici-nemici della Democrazia cristiana e dell’Mpa di Raffaele Lombardo. Due entità che hanno contribuito all’ascesa di Forza Italia a primo partito di Sicilia con le loro presenze nelle liste per le ultime elezioni europee.

E proprio gli autonomisti, che hanno appena accolto tra loro Gianfranco Miccichè – altro storico rivale di Schifani – sono stati i primi a sventolare le bandiere di guerra dopo la conferenza stampa del presidente, con una nota piuttosto eloquente: «Siamo in attesa che, vista l’urgenza e la delicatezza degli argomenti da noi indicati, il presidente della Regione convochi e presieda l’incontro politico di vertice. È questa la sede legittimata a discutere su programmi, criteri, risorse, impegni e obiettivi del governo e degli enti regionali. Riteniamo più che opportuno far precedere l’incontro programmatico alla ripresa delle sedute dell’Assemblea Regionale». E se si considera che la prima seduta dell’Assemblea sarà domani, è chiaro che la loro richiesta suona piuttosto come un mezzo ultimatum.

Gabriele Ruggieri

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