Regione, nuove regole per trasferire i dipendenti «La situazione sarà chiara non prima del 2017»

Trasferimenti d’ufficio per il personale della Regione. Per la prima volta potrebbe scattare la procedura prevista da una direttiva varata lo scorso anno: a rivolgersi alla giunta Crocetta è stato il dirigente del dipartimento Formazione, Gianni Silvia, in cerca di una trentina di dipendenti per mancanza di personale idoneo a lavorare sui bandi per l’edilizia scolastica e sulla verifica della spesa comunitaria. La giunta ha dato mandato alla Funzione pubblica di reperire il personale negli altri rami dell’amministrazione. Addio dunque agli atti di interpello che si basano sulla volontà del dipendente a trasferirsi da un ufficio all’altro, quasi sempre andati a vuoto. 

«Azioni spot e, in alcuni casi, anche peggio. Vere e proprie armi di distrazione di massa». È questo il giudizio che Enzo Abbinanti, segretario regionale della Cgil Funzione pubblica, dà del provvedimento che per la prima volta fa scattare la procedura di trasferimento d’ufficio di una trentina di dipendenti regionali. Per il trasferimento non servirà alcun consenso da parte degli interessati, pur rispettando il limite, fissato dalla legge, dei 50 chilometri dal luogo di residenza. Ma la responsabile del personale della Regione, Luciana Giammanco, ammette che i tempi non saranno brevi.

E seguiranno un preciso cronoprogramma: «La pubblicazione del regolamento per la riorganizzazione delle strutture non avverrà prima della fine di giugno di quest’anno, poi passeranno altri sei mesi per la ridistribuzione. La situazione sarà definita all’inizio del prossimo anno. Prima di quella data non sarà possibile definire nulla». Un arco di tempo che può sembrare lungo, «ma è il minimo che serve per un’amministrazione, articolata e complessa, come quella regionale». 

Critico il sindacalista della Cgil. «Il provvedimento non risolve nulla – sottolinea Abbinanti -. Non è un caso che ciò sia avvenuto alla Formazione. Sono segnali, non soluzioni. Un modo per dire, senza criterio, con operazioni di facciata, che la Regione prova a fare qualcosa. Manca un’analisi dei fabbisogni, non si dice con chiarezza come verrà sostituito il personale che lascerà per andare in pensione, cioè quasi cinquemila dipendenti». Abbinanti prosegue poi in dettaglio: «Si rischia che in futuro il personale ruoti, a partire dalla dirigenza, senza un vertice amministrativo stabile, nella precarietà che diventerà diffusa con conseguenze serie in termini di produttività del lavoro».

Lo scenario dunque è mutevole, mentre rimane il problema di come la Regione – nelle sue contraddizioni tra centro e strutture periferiche e nel contrasto tra uffici con molto personale e quelli con poco personale – potrà dare risposte concrete dopo il maxi esodo dei pensionamenti. Saranno infatti 4482 i dipendenti a lasciare l’amministrazione regionale tra il 2015 e il 2020. Il risparmio quantificato per la Regione ammonta a circa 50 milioni di euro.


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