Regione, dalla trattativa con la Dc alle nuove nomine prima del voto di sfiducia a Schifani

Non poteva passare inosservato il senso di compiacimento e sicurezza trapelato durante la seduta di ieri all’Ars. Quello fatto di piccoli sorrisi e ammiccamenti provenienti dai banchi della maggioranza. Come a dire «Abbiamo sistemato tutto. Siamo tranquilli». Eppure il voto di ieri avrebbe potuto contenere risvolti che incutevano dubbi. O timori. Ma la spavalderia, in politica, è spesso supportata da certezze. E a volte da richieste con contorno di promesse, anche note come ricatti politici. Non saranno sfuggite le recenti nomine di sottogoverno della Regione, avvenute nei giorni scorsi, e le conseguenti critiche di avere due pesi e due misure nei confronti della Dc.

L’equilibrio da ristabilire con i cuffariani

Da un lato, la Democrazia cristiana ha confermato il proprio sostegno all‘esecutivo, in vista dei passaggi politici più delicati di fine anno. Ma sembra chiaro che, nel confronto tra il presidente Renato Schifani e l’onorevole Ignazio Abbate, capogruppo vicario della Democrazia Cristiana, sia stato determinante ristabilire l’equilibrio interno alla maggioranza. Specie dopo la cacciata dei due assessori in quota Dc, a seguito dello scandalo Cuffaro. Equilibrio ricostruito con le ultime nomine di sottogoverno in Regione – quelle rimaste in sospeso -, definite appunto durante l’incontro con l’esponente Dc. Ufficializzati, quindi, i nomi di Gero Valenza alla guida dello Iacp di Caltanissetta, Nenè Mangiacavallo alla presidenza del Consorzio universitario Empedocle di Agrigento, e di Giuseppe Ferrarrello alla presidenza del Parco delle Madonie. In cambio della fedeltà assoluta. Soprattutto in aula.

Il potere dei numeri all’Ars

Come sempre, a governare davvero sono i numeri. E la Dc, all’Ars, vale otto deputati. Un numero che avrebbe messo a rischio il risultato della mozione di sfiducia. In quel caso si sarebbero contati 34 voti a favore: non sufficienti per un’approvazione, ma abbastanza per una crisi di governo. Che avrebbe costretto la capocrazia di Schifani a mettere in dubbio anche l’approvazione della legge di Stabilità. Ancora una volta, ricatti e scambi sono strumenti accettati all’interno della politica siciliana. Specie per sopravvivere. E poco importa se ieri Schifani, nel suo intervento in aula, non ha toccato uno dei temi più cari ai cittadini: la sanità, a cui le opposizioni hanno dato ampio spazio nel corso delle loro critiche. Nel frattempo, l’ispettore nominato dal coordinatore nazionale di Forza Italia Antonio Tajani e proveniente da Roma ha prenotato il suo volo. Di sola andata.


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