Mentre nella coalizione che ha governato negli ultimi cinque anni il nodo da sciogliere riguarda il candidato alla presidenza, tra Pd, M5s e Cento passi si lavora a rinsaldare equilibri che sulla carta dovrebbero esserci già da mesi. Barbagallo: «No a ultimatum»
Regionali, si va verso Ferragosto in cerca di sicurezze Centrodestra per il nome, progressisti per tutto il resto
L’estate elettorale siciliana avanza attendendo il momento in cui i giochi in chiave candidature, perlomeno nelle due principali coalizioni, si potranno dire definitivamente conclusi. Sia il centrodestra e che il fronte progressista avanzano verso il primo Ferragosto caldo della storia politica isolana con innegabili bisogni di certezze. Ai primi ufficialmente manca ancora il nome da presentare agli elettori: dopo le dimissioni di Nello Musumeci, attese dai rivali interni e mal digerite dal diretto interessato, la quadra tra i partiti è ancora tutta da trovare. Le ipotesi non mancano, anzi forse sono anche troppe considerato che mancano meno di cinquanta giorni all’apertura dei seggi: da Stefania Prestigiacomo, apprezzata da Gianfranco Miccichè, a Nino Minardo e Massimo Russo, messi in campo dagli autonomisti un po’ anche per chiarire che i lombardiani si sentono a casa nel centrodestra, fino al senatore leghista Alessandro Pagano e allo stesso Musumeci, che si è fatto sì da parte ma continua a dichiararsi in diritto di giocarsi il bis. A maggior ragione adesso che, rispetto a qualche settimana fa, almeno ufficialmente è stato chiarito che nel centrodestra non ci sono veti per nessuno.
Nel centrosinistra, o fronte progressista per andare incontro alle preferenze lessicali del Movimento 5 stelle, qualche veto c’è. Tra i primi a porlo, ancora prima di avviare il percorso che ha portato alle primarie, c’è stato Claudio Fava. L’ex presidente della commissione regionale Antimafia, uscito sconfitto dalla sfida a tre con Barbara Floridia e Caterina Chinnici, ha sempre detto di non essere disposto a ritrovarsi alleato con chi ha sostenuto Musumeci in questi cinque anni. Il riferimento, neanche celato, è sempre stato rivolto agli autonomisti, anche nella consapevolezza che Chinnici, vincitrice delle primarie, ha nel proprio curriculum un’esperienza da assessora nel governo Lombardo. A rassicurare Fava, come detto, finora sono stati più coloro che vorrebbe solo come avversari che l’aspirante governatrice. Ed è anche per questo che ieri è arrivato l’ennesimo appello a prendere in mano le redini. «A sedici giorni dalla fine delle primarie, Caterina Chinnici non sta ancora esercitando il suo ruolo di garante della coalizione – ha dichiarato Fava – Abbiamo bisogno, subito, di aprire la campagna elettorale che si preannuncia già difficile e di rivitalizzare il nostro popolo. Abbiamo bisogno di sapere e capire come la candidata scelta dalle primarie intenda proseguire. Sia chiaro – ha concluso Fava – che davanti al perdurare di silenzi e attendismi, il sostegno della lista Centopassi è tutt’altro che scontato».
A stretto giro è arrivata anche la nota del Pd siciliano, in cui si promettono prossimi incontri ma al contempo si rende manifesta l’indisponibilità a seguire i tempi degli alleati che, di fatto, dovranno accettare il ruolo di gregari. «Caterina Chinnici è la candidata alla presidenza della Regione siciliana della coalizione progressista. E lo è legittimamente dopo aver vinto le primarie di coalizione dello scorso 23 luglio. Lo è convintamente e sta lavorando, in silenzio e con grande intensità, in questo senso – si legge in una nota del segretario Anthony Barbagallo -. Tutti, inclusi gli alleati della coalizione, conoscono lo stile e il garbo di Caterina Chinnici che non ama entrare a piedi uniti nelle polemiche. Ricordo che ci siamo impegnati a sostenere, con lealtà, il candidato vincente. Per noi è cosi e lo sarebbe stato anche nel caso in cui avessero vinto Claudio Fava o Barbara Floridia. E a tutti, in primis a me stesso ma anche agli alleati, ricordo che l’avversario da battere è il centrodestra e per raggiungere questo obiettivo è necessaria l’unità, non certo discussioni e ultimatum a mezzo stampa. Al più presto la candidata Caterina Chinnici concorderà, ora che ce ne sono le condizioni, un incontro con i responsabili politici della coalizione per mettere a punto un programma che ci consenta di proseguire il cammino che abbiamo avviato e che ci porterà a palazzo d’Orleans».
Intanto a chiedere di prendere posizione sono anche i cinquestelle, sulla carte gli alleati più scomodi per Chinnici, considerata la lite aperta e apparentemente ormai impossibile da ricucire tra Pd e M5s a Roma. «Quanto accaduto a livello nazionale è evidente e non possiamo che prenderne atto – dichiara a MeridioNews il deputato Giampiero Trizzino -. Si fatica per esempio a capire perché Letta abbia chiuso le porte al Movimento salvo aprirle a Fratoianni che con Sinistra Italiana è sempre stata opposizione al governo Draghi. Detto questo, credo anche che la storia in Sicilia sia ben diversa e vada coltivata». Il riferimento va al rapporto di certo meno burrascoso che fin qui ha legato i grillini siciliani ai dem guidati da Anthony Barbagallo. «Abbiamo fatto cinque anni di opposizione al centrodestra e ci sono state tante occasioni per lavorare insieme – prosegue Trizzino -. Questo non significa però che abbasseremo la guardia sui percorsi politici che vorrà intraprendere la coalizione progressista».
Da ieri in casa grillina si lavora a un documento da sottoporre a Chinnici e contenente punti fondamentali da inserire nel programma. Ambiente, sanità, misure nei confronti degli enti locali in ottica Pnrr, infrastrutture e misure sociali sono le aree tematiche toccate. Tra i punti su cui il M5s non intende trattare ci sono gli inceneritori, nei confronti dei quali il no è netto. «È una richiesta che è arrivata dalla nostra base, che storicamente è molto esigente, ma che noi abbiamo accolto di buon grado perché servirà ancor di più a rinsaldare la comunione d’intenti tra tutte le parti», va avanti il deputato palermitano che i rumors vogliono tra i papabili a un incarico di assessore nel caso di una vittoria dei progressisti.