Regionali, intrecci tra le indagini a Catania e Messina I big della politica e le minacce per recuperare i soldi

Trentatré mesi. Tanto è passato dalla scoperta dell’indagine a carico del catanese Riccardo Pellegrino e di quanti, attorno a lui, si sarebbero mossi per procurargli i voti necessari per entrare all’Ars in occasione delle Regionali 2017. Giovedì scorso, d’improvviso, la notizia di un’altra indagine sulla stessa tornata elettorale ma con il baricentro spostato più a nord, in provincia di Messina. Mentre nel primo caso la vicenda già da tempo è ripercorsa nelle aule del tribunale, nella città dello Stretto l’inchiesta non è ancora chiusa. Anche se adesso si conoscono i nomi delle persone coinvolte. Alcuni sono volti illustri, per gli attuali o passati incarichi nella politica locale e non. È il caso dell’ex deputato regionale Santo Catalano – eletto nel 2008 con l’Mpa e poi passato al Pid, prima di essere dichiarato decaduto per una precedente condanna per abusivismo edilizio -, dell’attuale sindaco di Fondachelli Fantina Marco Pettinato e del consigliere comunale, e già primo cittadino di Milazzo, Lorenzo Italiano.

Stando a quanto verificato da MeridioNews, i punti di contatto tra le due inchieste sono più di uno. Il filone messinese è una costola del lavoro fatto, tra il 2017 e la prima parte del 2018, dalla Dia di Catania. Mentre seguivano i movimenti dei big locali che sponsorizzarono Pellegrino – su tutti Biagio Susinni e l’ex sindaco di Aci Catena Ascenzio Maesano – gli investigatori si ritrovarono tra le mani elementi che facevano ipotizzare episodi di corruzione elettorale nel collegio messinese. Lì dove Catalano e Pettinato furono candidati nelle file dei Popolari e Autonomisti. La tornata però si rivelò amara per entrambi, specialmente per Pettinato, che con 3757 voti si piazzò primo della lista senza però riuscire a essere eletto.

Il ruolo di Susinni (a processo a Catania) sarebbe stato quello di collante. L’ex sindaco di Mascali avrebbe perorato la causa di Catalano sul versante messinese attraverso la stessa catena di comando attivata per Pellegrino. Tra coloro che avrebbero dato un contributo ci sarebbero stati l’ex deputato regionale Nino Amendolia, indagato e archiviato a Catania nel filone sul voto di scambio politico-mafioso che vedeva coinvolto anche Pellegrino, e un soggetto nativo di Troina e residente a Gravina di Catania. Nel passato di quest’ultimo – hanno annotato gli investigatori – ci sarebbero contatti con Giorgio Cannizzaro, ritenuto l’eminenza grigia della famiglia Santapaola a Roma. 

Più di tutti, però, Catalano avrebbe puntato sulla sponsorizzazione di un pezzo da novanta: Totò Cuffaro. All’epoca l’ex governatore era tornato in libertà da un anno e mezzo e andava in giro per parlare dell’esperienza da carcerato. Stando ai dialoghi intercettati dalla Dia, Cuffaro avrebbe però avuto un ruolo pure nella gestione delle trattative per la composizione delle liste nel centrodestra. Secondo Susinni, l’incarico gli era stato dato da Silvio Berlusconi ma Cuffaro ha smentito la ricostruzione in un’intervista a MeridioNews. Di certo c’è la presenza di Catalano tra i politici che nella primavera di tre anni fa cercarono di incontrare Cuffaro, sfruttando le presentazioni del suo libro per parlare delle future elezioni. Catalano era in platea il 5 maggio a Paternò. Tuttavia l’appoggio di Cuffaro, che di recente ha annunciato di voler riorganizzare la Democrazia Cristiana in Sicilia, non sarebbe stato forte come sperato. A luglio 2017, quando le alleanze erano ancora da definire, sarebbe stato lo stesso Catalano ad ammettere di essere pronto a defilarsi da un’eventuale lista che avesse dentro gli uomini di Alfano, D’Alia e Germanà.

Ma se fin qui il discorso è prettamente politico, è un’altra vicenda a gettare fitte ombre sullo svolgimento delle Regionali 2017. In mano agli investigatori, prima catanesi e poi i colleghi messinesi, ci sarebbero diverse intercettazioni. Stando a quanto appreso da MeridioNews, in una di esse Catalano, parlando con un uomo incaricato di procacciare voti nel territorio di Milazzo, tirerebbe in ballo il sindaco di Fondachelli Fantina e l’allora ex sindaco mamertino Lorenzo Italiano. La conversazione si sarebbe svolta nei giorni successivi allo spoglio, quando la delusione era ancora lontana dall’essere digerita. In quei giorni nel Messinese sarebbe avvenuto lo stesso che stava accadendo in provincia di Catania, dove Riccardo Pellegrino, insieme al padre, avrebbe preteso la restituzione delle somme date per accaparrarsi il consenso della popolazione ma che poi, all’interno delle urne, non si sarebbero tramutate in voti

A muoversi per recuperare duemila euro sarebbe stato Pettinato. L’ex primo cittadino – secondo la ricostruzione fatta dal galoppino a Catalano e monitorata dalla Dia di Catania – avrebbe contattato alcuni soggetti appartenenti ai clan dei Tortoriciani e dei Barcellonesi per intimidirlo. Minacce che però, secondo Catalano, non andavano prese sul serio per una serie di motivi: i soldi in ballo erano pochi, se si considerava quelli da investire per commissionare un pestaggio, e comunque Pettinato, dato il ruolo di sindaco e di medico, non avrebbe rischiato di finire nella bufera. Nel dialogo verrebbe fatto anche il nome di Italiano, che a ottobre è stato sconfitto nella corsa per tornare sindaco di Milazzo, accontentandosi di un posto in Consiglio comunale. A lui si farebbe riferimento come collettore di somme investite nel territorio mamertino per compare voti.

È a Italiano che Pettinato avrebbe dato i duemila euro da recapitare ai galoppini con l’impegno di recuperare un centinaio di voti. Poi, di fronte, al mancato risultato al momento dello spoglio sarebbero iniziate le pressioni. Davanti alle quali, l’uomo che aveva deluso le aspettative di Pettinato, timoroso di eventuali ritorsioni, avrebbe deciso di restituire 1500 euro, con la disponibilità a recuperare gli altri cinquecento nel giro di pochi giorni. Residuo che il sindaco di Fondachelli Fantina non avrebbe voluto. Il cedimento non sarebbe stato condiviso da Catalano. Per l’ex deputato, che nel corso della conversazione avrebbe fatto riferimento anche a una propria operazione sbagliata in materia di voti, nessuno avrebbe alzato un dito nei confronti del galoppino anche se, nel dubbio, per un po’ l’uomo avrebbe fatto bene a non salire su auto con estranei.


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