Regionali, i malpancisti pensano al voto disgiunto Frizioni nei partiti: l’ipotesi di sabotare Cancelleri

La parola d’ordine è voto disgiunto. Il primo a fare outing è stato Totò Cuffaro, che non nasconde la sua intenzione di indicare agli elettori i candidati nelle liste del Pid-Cantiere Popolare (in coalizione con Nello Musumeci), ma di scegliere la proposta di Vittorio Sgarbi per la corsa verso palazzo d’Orleans. Un’acredine, quella di Cuffaro nei confronti di Musumeci, che non è un mistero per nessuno e che ha portato l’ex governatore a manifestare pubblicamente la propria scelta. Ma quella di Cuffaro non è che la punta dell’iceberg di scontenti che non hanno digerito le scelte verticistiche sui candidati alla presidenza della Regione e che guardano già altrove negli orticelli politici vicini.

La base degli elettori, insomma, appare decisamente più fluida che nelle precedenti tornate elettorali. Così accade che, ad esempio, in casa cinquestelle in molti – seppur in maniera sibillina – sosterranno il proprio candidato in lista, ma opteranno per il voto disgiunto sul candidato alla Presidenza. Troppe ruggini nei confronti di Giancarlo Cancelleri e i mal di pancia non sono nemmeno troppo velati, soprattutto dal momento in cui l’esposto dell’attivista Mauro Giulivi non ha sortito l’effetto che in molti, invece, avevano sperato. Tra i pentastellati siciliani, però, non ci sarebbe una linea comune rispetto al candidato alternativo a Cancelleri da sostenere, per cui verosimilmente parte degli scontenti potrebbe guardare alla proposta di Nello Musumeci, mentre una fetta di malpancisti potrebbe essere raccolta da Claudio Fava.

Nel Catanese, poi, la sfida è tutta tra i candidati cresciuti alle pendici dell’Etna. Lì in molti sono delusi dall’assenza nel territorio di Claudio Fava e potrebbero spostare la propria preferenza su Fabrizio Micari, pur sostenendo per l’Assemblea regionale i candidati nella lista di sinistra. In casa moderati, al contrario, parte della base forzista e Udc non avrebbe digerito la scelta del sostegno a Musumeci, considerato troppo di destra. L’opzione del tandem tra Micari e Giovanni La Via, in questo senso, potrebbe allettare maggiormente gli elettori più legati ai valori europeisti, che mai sposerebbero le idee di Salvini.

Ma proprio per la vocazione «eccessivamente centrista» di La Via, Micari potrebbe perdere il consenso della frangia più a sinistra del Pd, che al contrario guarderebbe a Fava. Insistenti voci raccontano dello scollamento dell’area che fa capo ad Andrea Orlando dalla campagna del rettore di Palermo. Ed è così anche per circa duecento giovani ex Pd della provincia di Enna, che hanno ufficialmente rotto col partito, scegliendo invece di giocare la partita delle regionali al fianco del vicepresidente della commissione nazionale antimafia. Ma per un gruppo di giovani che si avvicina al deputato nazionale, ecco un altro pezzo che non si espone, ma manda segnali inequivocabili: assente, infatti, all’assemblea di domenica scorsa a Palermo che ha aperto la corsa di Fava e Ottavio Navarra, un pezzo consistente di Sinistra Comune. E in molti ammettono che non si sarebbe trattato di un’assenza casuale.

Ma mentre la candidatura di Fava comincia a prendere quota tra gli elettori a sinistra del Pd, si sgonfia invece quell’Arcipelago Sicilia su cui molto aveva puntato Leoluca Orlando. Certo, l’abbandono di Giovanni Ardizzone dalle liste del Messinese non ha aiutato, così come la distanza dei sindaci di Caltanissetta e Agrigento da un progetto che invece avrebbe voluto puntare tutto sui territori. Ma c’è di più. «Galeotta è stata – ammette chi ha vissuto il percorso da vicino – non tanto la scelta di andare con Alfano, che in fondo si era già verificata su Palermo, quanto la mancata discontinuità da Crocetta».

In effetti, bisogna riconoscerlo, il vincitore morale di questa campagna elettorale in fondo è già il governatore uscente, bistrattato per cinque anni dal suo stesso partito e pronto invece oggi a godersi la sua rivincita. Che sta tutta in quella campagna pubblicitaria del gruppo parlamentare del Pd all’Ars, che elenca i successi del governo. «Non ritiro la mia candidatura – aveva più volte ammesso lo stesso Crocetta – fino a quando non mi venga riconosciuta dignità politica. Non posso vincere da solo, ma ho abbastanza voti da far perdere loro. Sono stanco di fare il figlio illegittimo». In effetti, la dignità politica alla fine, il Pd l’ha riconosciuta eccome.


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