Un viaggio musicale nella travagliata storia ellenica del 900, attraverso racconti di povertà, damore e di prigioni. Sabato scorso, cortile Platamone gremito per il concerto del gruppo Parole Alate, accompagnato da uno degli ultimi cantastorie della tradizione greco-cipriota
Rebetiko, tra Omero e il tango
«Negli anni in cui sciupavamo la gioventù, le nostre rebetike per la strada trascinavano la voce dei lavoratori e tutto il mondo sospirava». Inizia così il verso di una delle più suggestive canzoni dedicate alla Grande Catastrofe del 1922, la distruzione di Smirne da parte delle truppe turche. E’ il centro della rivoluzione culturale della Grecia moderna e la musica rebetika è la maggiore espressione del vero popolo greco del 1900, il più umile, e della sua storia.
In un cortile Platamone, a Catania, gremito di esperti e studenti ma, soprattutto, di tanti curiosi attirati da un così particolare mondo, sabato 29 giugno si è tenuto il concerto di chiusura del seminario “Settimana del Rebetiko”, organizzato dalla facoltà di Lingue e letterature straniere di Catania. Sul palco si è esibito il gruppo cipriota Parole Alate con la straordinaria partecipazione di uno degli ultimi cantastorie greco-ciprioti, Michalis Terlikkàs. La professoressa Anna Zimbone, docente di Lingue e letteratura greca, apre la serata spiegando cosa è il rebetiko e la sua importanza nel mondo attuale: «Un genere di musica greca considerato come il tango per gli argentini o il fado per i portoghesi. E’ nato nei bassifondi della società greca, dagli emarginati: ladri, ubriachi, prostitute. Con questa musica il popolo esprimeva il proprio disagio e le proprie peripezie tramite una ricercatezza ritmica davvero unica nel suo genere». Così i testi raccontano della povertà, delle prigioni e delle storie d’amore «in modo passionale, travolgente ma anche triste, ironico o scherzoso».
Tematiche capaci di toccare ogni pubblico, ma che non fanno parte della tradizione folk italiana, centrata più sul rapporto con la terra e nata più spontaneamente della musica rebetika. «Questo genere nasce dopo la prima guerra mondiale», spiega la Zimbone, «durante la quale i greci, presi da mire espansionistiche, conquistarono la città di Smirne. Importanza cruciale ebbe la Grande Catastrofe del 1922: le truppe turche rasero al suolo la città sterminando quasi tutta la popolazione di origine greca. I superstiti utilizzarono questa musica per raccontare le storie di chi rimase in Asia Minore, di chi morì, e della vita successiva in terre lontane».
Il concerto si apre con le bellissime melodie di Michalis Terlikkàs, uno degli ultimi piìtarides, cantastorie greco-ciprioti. Voce semplice e robusta accompagnata da un violino nostalgico e profondo e una chitarra quasi da contorno a scandire un ritmo lento e orientale. Il risultato è affascinante.
La seconda parte è dedicata al vero rebetiko greco. Compaiono gli strumenti tipici, come il bouzouki e il baglamàs. Il gruppo cipriota Parole Alate porta alla scoperta di questa musica intrisa di amore, passioni e fascino, una melodia che sembra sentita nel profondo dagli stessi artisti. Anche per chi non capisce la lingua, Giorgios Fountos, voce e bouzouki, Eleni Konstantinou, voce e chitarra, Efxifios Satsiàs, violino e baglàmas incantano, trascinando con i mistici suoni del popolo a una comprensione totale del messaggio musicale e di quello del corpo, con la presenza di un gruppo greco di balli tradizionali.
Scriveva il francese Joseph Tournefort: «A Smirne le taverne sono aperte a qualsiasi ora del giorno e della notte; si suona musica, si mangia ottimo cibo, si danza nello stile europeo, greco e turco». Anche Catania, per una notte, ha conosciuto lo stile rebetiko dei greci, il loro amore e la passione per la musica e il ballo.