Oltre 100 al giorno e quasi cinque all’ora. Sono i reati ambientali commessi in Italia, con il focus sulla Sicilia presentato oggi a Palermo da Legambiente. I dati, relativi al 2024, provengono da forze dell’ordine e Capitanerie di porto e sono contenuti nel rapporto Ecomafia 2025. Uno spaccato che vede l’Isola piazzarsi sul podio in […]
I reati ambientali in Sicilia nel rapporto Ecomafie 2025: primi in Italia per traffico illecito di animali
Oltre 100 al giorno e quasi cinque all’ora. Sono i reati ambientali commessi in Italia, con il focus sulla Sicilia presentato oggi a Palermo da Legambiente. I dati, relativi al 2024, provengono da forze dell’ordine e Capitanerie di porto e sono contenuti nel rapporto Ecomafia 2025. Uno spaccato che vede l’Isola piazzarsi sul podio in più settori. A partire dal dato generale: terzo posto, dopo Campania e Puglia, con 3.816 reati ambientali accertati. Oltre 3500 le persone denunciate nel 2024, con 12 arresti e più di 500 sequestri. A figurare tra le prime dieci province italiane, al settimo posto, è Palermo, con 774 reati. A seguire, Messina (412 casi, 23esima), Trapani (392, 26esima, ma prima in Sicilia per incidenza), Agrigento (375, 28esima), Catania (366, 29esima), Siracusa (274, 40esima), Caltanissetta (121, 70esima), Ragusa (65, 91esima) ed Enna (49, 99esima).
Il traffico di animali: primo tra i reati ambientali in Sicilia
Il primato siciliano si registra nei reati contro gli animali, con oltre mille casi accertati. Un settore con un giro nazionale d’affari stimato in circa tre miliardi di euro all’anno. Si va dagli animali domestici, con la compravendita di cani e gatti con finti pedigree, agli animali esotici, venduti con false certificazioni. C’è poi il bracconaggio, come nel caso dei quasi tremila uccellini pronti a essere venduti a Malta. E ancora, le corse clandestine e la macellazione abusiva di cavalli – fenomeno che concorre al primato dell’Isola – e il commercio di pescato illegale. Maglia nera regionale è la provincia di Palermo, con 321 reati accertati. Seguita da Trapani, Agrigento, Catania e Messina (tra i 100 e 200 casi ciascuna), e ancora Siracusa, Caltanissetta (unica con 4 arresti) e Ragusa. Solo ad Enna, nel 2024, le forze dell’ordine non hanno registrato casi.
Il ciclo del cemento: i reati tra corruzione e risparmio
C’è anche l’abusivismo edilizio tra i reati ambientali mappati da Legambiente: con la Sicilia (quasi 1200 casi accertati) al terzo posto a livello nazionale. Tra villette abusive sulle coste dell’Isola, abitazioni in zone a rischio ambientale e ampliamenti selvaggi di strutture già esistenti. Spesso, anche sull’Isola, si tratta di manufatti che restano incompiuti, con un doppio danno all’ambiente e al paesaggio. E che allungano la filiera dei reati: dagli appalti truccati alle speculazioni immobiliari. Il tutto possibile anche grazie alla facilità di corruzione degli amministratori pubblici e alla collaborazione dei cittadini. Che preferiscono spendere la metà per un immobile, risparmiando sui materiali e la manodopera in nero. La maggior parte dei casi siciliani proviene dal comando Tutela ambiente dei carabinieri ed è su base regionale. Ma, a livello provinciale, il 2024 ha visto in testa il Messinese (con 85 reati), seguito a breve distanza dall’area del Palermitano.
Gli incendi: il business dei danni ambientali in Sicilia

Prima regione italiana per vastità di terreni bruciati (oltre 17mila ettari). Eppure, stando ai casi accertati dalle forze dell’ordine, solo la quarta regione italiana – dopo Calabria, Puglia e Campania – con 351 reati sui quasi 3mila nazionali. Poche le denunce: «Una ogni 32 incendi», spiega Tommaso Castronovo, presidente di Legambiente Sicilia. Numeri che raccontano non solo di terreni bruciati per il pascolo. Spesso, dietro ai roghi, il vero interesse è la speculazione edilizia e il business dello spegnimento: con la necessità, più volte sollevata da Legambiente, di aggiornare i catasti degli incendi e di disporre solo di mezzi d’emergenza, anche aerei, pubblici. A dominare la classifica regionale è la provincia di Palermo, con 96 casi. Seguono Catania, Agrigento, Enna, Messina, Trapani, Caltanissetta, Siracusa e Ragusa. Solo due gli arresti in Sicilia nel 2024: uno nel Palermitano e uno nell’Agrigentino.
La gestione illecita dei rifiuti: tanti casi, pochi controlli
Discariche abusive, smaltimento illecito e, in Sicilia, persino irregolarità nei siti autorizzati. Quello del ciclo illegale dei rifiuti rimane uno dei settori più delicati, perché comporta un inquinamento a più livelli: ambientale, economico e di salute pubblica. E anche uno di quelli più infiltrati dalla mafie, per la possibilità di fare business: anche in questo caso, purtroppo, con la complicità di amministratori pubblici corrotti e imprenditori allettati dal risparmio. Un reato ambientale che comprende un’intera filiera: dalla produzione allo smaltimento. E persino al recupero. Le categorie di rifiuti più presenti sono quelle più difficili da gestire correttamente: pneumatici fuori uso, gas refrigeranti e apparecchi elettrici ed elettronici. La Sicilia è sesta a livello nazionale, con 709 reati accertati. Nella classifica delle province, al primo posto si trovano – con 124 casi ciascuno – Agrigento e Palermo (che vanta più denunce e due persone arrestate nel 2024).
Dall’agroalimentare alle archeomafie
La filiera agroalimentare illecita e il traffico di opere d’arte. Sono questi gli altri due settori presenti nel rapporto. Ma se del primo, spesso presente nelle cronache siciliane, non sono disponibili dati per regione; del secondo sappiamo che l’Isola si piazza settima in Italia – ma prima per numero di controlli – con 18 casi registrati lo scorso anno. Dalle razzie nei siti archeologici al traffico illegale di opere d’arte, non stupisce la presenza della Sicilia nella top 10 delle archeomafie. Tra antiche tombe neanche censite per sovrabbondanza di testimonianze e siti archeologici scarsamente presidiati. Più notizie – ma non dati regionali – si hanno, invece, nel settore dei reati agroalimentari. Dalla contraffazione di prodotti Dop o Doc alle truffe nei finanziamenti pubblici. Ma, soprattutto, sull’Isola, con il fenomeno del caporalato e la filiera mafiosa dell’ortofrutta, dalla gestione delle serre al trasporto.