Rapporto Svimez, analisi sul reddito di cittadinanza «Con le risorse attuali impossibile dare 780 euro»

La manovra finanziaria del governo M5s-Lega avrà un impatto maggiore al Sud che al Centro-Nord. A sostenerlo è la Svimez, l’agenzia per lo sviluppo del mezzogiorno, che insieme al tradizionale rapporto annuale, dedica un’analisi alle ultime scelte economiche dell’esecutivo gialloverde.

«L’impatto dei provvedimenti contenuti nella manovra sull’evoluzione del Pil al Centro-Nord e al Sud, darebbe un impulso positivo nel Mezzogiorno di circa lo 0,3% nel 2019 sull’aumento previsto del prodotto lordo dell’1%, e di poco più dello 0,4% nel 2020 sul Pil allo 0,9% ipotizzato. Nel Centro-Nord, i valori risultano decisamente inferiori, quasi lo 0,2% nel 2019 e 0,24% nel 2020».

Svimez spiega di aver stimato «gli effetti della manovra sia al Centro-Nord che nel Mezzogiorno sulla base della ripartizione territoriale degli interventi previsti, sia in termini di minori entrate che di maggiori spese» e «nel biennio 2019-20 il Sud beneficerà di circa il 40% delle minori entrate e di oltre il 40% delle maggiori spese». Per cui «nelle sue linee essenziali le misure espansive andrebbero a vantaggio del Mezzogiorno. Soprattutto perché – si legge nell’analisi – le spese per le quali si prevede l’incremento più significativo sono quelle delle prestazioni sociali e dei consumi collettivi, sostenute dal pensionamento anticipato (Quota 100) e dall’avvio del Reddito di cittadinanza».

A proposito del reddito di cittadinanza, da sempre misura richiesta dalla Svimez nei precedenti rapporti, si aggiungono dati e riflessioni sul possibile impatto. In attesa dei dettagli della misura, si è considerata «una spesa pari a 8 miliardi, al netto di un miliardo destinato alla riqualificazione dei centri per l’impiego». «La misura – si legge – consentirebbe di ampliare significativamente la platea dei destinatari rispetto all’attuale Reddito di Inclusione ma non di assicurare il raggiungimento della soglia dei 780 euro indicata dal governo, in quanto, secondo i calcoli della Svimez, il raggiungimento di tale soglia richiederebbe uno stanziamento di circa 15 miliardi. Con le risorse attuali, prendendo a riferimento le famiglie con Isee inferiore a 6000 euro e pur tenendo conto che circa il 50 per cento potrebbe avere una casa di proprietà, è possibile erogare un sussidio compreso tra i 255 euro per una famiglia monocomponente e i 712 per una con 5 o più componenti, a circa 1,8 milioni di famiglie. Ciò avvantaggerà il Mezzogiorno che assorbirà circa il 63% del Reddito di Cittadinanza».

Rimanendo sulle più recenti dinamiche economiche, la Svimez ha valutato anche che l’aumento dello spread incide più negativamente al Sud e che al Nord. «Un incremento stabile nel costo del debito limita fortemente l’efficacia espansiva delle misure redistributive adottate. Secondo, l’effetto negativo dell’innalzamento dello spread sarebbe maggiore nel Sud, in quanto un maggior differenziale dei tassi comporta una diminuzione degli attivi netti del sistema bancario, riflettendosi in un razionamento dei prestiti alla clientela. E ciò colpirebbe di più gli investimenti delle imprese meridionali, le quali hanno maggiori bisogni finanziari che non sempre riescono a soddisfare. Se si analizzano i dati più recenti sull’andamento degli impieghi, si nota che l’ammontare dei prestiti erogati è già diminuito nel secondo trimestre 2018, in particolare nel Sud, contestualmente all’innalzamento dello spread».

Infine gli occupati: al Sud nel 2017 sono aumentati di 71 mila unità, +1,2%, mentre al Centro-Nord la crescita è stata di 194 mila unità. Con questo risultato il Centro-Nord ha recuperato completamente i livelli occupazionali pre-crisi, mentre il Sud resta di circa 310 mila occupati sotto il livello del 2008. A metà 2018, il numero di occupati nel Mezzogiorno è inferiore di 276mila unità rispetto al livello del medesimo periodo del 2008, mentre nel Centro-Nord è superiore di 382mila unità. Il tasso di occupazione è ancora due punti al di sotto del 2008 nelle regioni meridionali (44,3% nel 2018, era 46% nel 2008) mentre ha recuperato i livelli 2008 nel Centro-Nord (65,9%). E al Sud è molto elevata l’incidenza del part time involontario, che si attesta negli ultimi anni attorno all’80%, contro il 55% del Centro-Nord.


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