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Rapporto Caritas-Migrantes 2024, in provincia di Catania 5000 alunni stranieri. «La metà nati in Italia, ma non hanno la cittadinanza»

Nell’anno scolastico 2022-2023 in provincia di Catania si sono contati più di 5000 tra alunne e alunni stranieri: quasi la metà di loro sono nati in Italia, ma non hanno la cittadinanza italiana. Sono alcuni tra i numeri emersi dal XXXIII Rapporto Immigrazione 2024 Popoli in Cammino, che per brevità è conosciuto e indicato da più parti come Rapporto Caritas-Migrantes 2024. Il documento è stato presentato sabato 9 novembre nell’auditorium Santi Giorgio e Dionigi, nella sede della Caritas di Catania, che è autrice del Rapporto insieme alla Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Cei (Conferenza episcopale italiana) che si occupa di persone migranti e di migrazioni. Erano presenti don Nuccio Puglisi, direttore della Caritas Diocesana, don Carlo Palazzolo – direttore dell’Ufficio per la pastorale dei migranti dell’Arcidiocesi di Catania – e Simone Varisco, uno dei curatori dell’edizione nazionale del Rapporto Caritas-Migrantes. Secondo quanto detto dalla stessa Caritas Diocesana di Catania, la presentazione del Rapporto è stata l’occasione per «un momento di riflessione sulla presenza dei cittadini stranieri residenti in città e in provincia, con un focus dedicato alla popolazione studentesca straniera».

Partendo da una rilevazione della Caritas Diocesana, che si è basata su dati del ministero dell’Istruzione relativi all’anno scolastico 2022-2023, questo focus «ha fatto emergere la presenza di 5065 alunni con cittadinanza non italiana nella provincia etnea, circa il 3 per cento del totale della popolazione studentesca provinciale. Un numero in crescita – dice la Caritas Diocesana – rispetto alla rilevazione 2021-2022». Rispetto a quest’ultima analisi – che si riferisce, appunto, all’anno scolastico precedente rispetto a quello preso in considerazione dal report presentato il 9 novembre – c’è stata una crescita «di circa 400 unità». Secondo la Caritas Diocesana, il dato importante non è solo quello quantitativo – legato quindi alla crescita del numero di alunne e di alunni stranieri in provincia di Catania – quanto quello che si rifà al grado di inserimento di queste bambine, bambini e adolescenti stranieri nella società in cui vivono. «Gli studenti stranieri – dice don Nuccio Puglisi – appaiono oltremodo desiderosi di apprendere, di frequentare, di inserirsi – proprio attraverso la scuola – all’interno di una società autoproclamantesi aperta e multietnica, ma che nega loro la cittadinanza». Una cittadinanza negata «anche ai nati in Italia – dice Puglisi – e cioè il 48 per cento di questi studenti, fino al compimento dei 18 anni. Si parla certamente di precariato nel lavoro, ed è un problema – continua il direttore della Caritas Diocesana – Ma non è forse peggio un precariato scolastico, dove mentre impari a sentirti italiano non hai la possibilità di esserlo?».

Per la precisione, nell’anno scolastico preso in considerazione nel Rapporto, gli alunni e le alunne straniere nate in Italia ma prive di cittadinanza italiana sono 2435, cioè il 48,1 per cento di quei 5065 tra alunne e alunni stranieri della provincia di Catania. Secondo il Rapporto Caritas-Migrantes 2024, la fascia più presente in termini di età comprende la scuola dell’infanzia e la scuola primaria (quelle che fino a qualche anno fa si chiamavano asilo e scuola elementare). «Questa presentazione – dice don Carlo Palazzolo – non deve essere vista come una semplice condivisione di numeri, perché parliamo di persone come noi, né tantomeno come un evento rivolto solo ai cosiddetti addetti ai lavori – sottolinea – ma all’intera collettività, per prendere coscienza di un fenomeno naturale – quello delle migrazioni – poiché coinvolge l’essere umano da sempre, e del suo impatto, non emergenziale, nella nostra società». Un discorso, quello del direttore dell’Ufficio per la pastorale dei migranti dell’Arcidiocesi di Catania, che ha un tempismo perfetto rispetto a quello che negli ultimi anni è diventato in Italia un tema importante – se non il tema centrale – delle campagne elettorali e dei provvedimenti dei governi che si sono succeduti: le politiche relative ai fenomeni migratori.

E se per governare i fenomeni migratori sembra che l’Italia e l’Unione europea stiano utilizzando delle soluzioni perlomeno rivedibili – si veda la questione dei centri per migranti in Albania o l’esternalizzazione del problema in Turchia e in Tunisia – la posizione della Caritas Diocesana e della Fondazione Migrantes è, rispetto a quell’impostazione, agli antipodi. «La presentazione del rapporto sull’immigrazione – continua infatti Palazzolo – rappresenta, dunque, un’occasione preziosa per riflettere sul cammino di apertura e di inclusione della nostra società, su quanto è chiamata ancora a crescere e sulla percezione che essa possiede sui migranti, molti dei quali, ormai, sono ben radicati nel nostro tessuto sociale, soprattutto nell’ambito scolastico». Per la Caritas Diocesana e per la Fondazione Migrantes «lo Ius scholae è un progetto di valore per tutta la comunità». Il cosiddetto Ius scholae è una proposta politica – non ancora formalizzata – che prevede l’ottenimento della cittadinanza italiana al soddisfacimento di alcuni requisiti, a partire dalla frequentazione di un certo numero di anni di scuola.

Prima ad agosto scorso con una generica proposta di Ius scholae, poi a inizio ottobre con una proposta più dettagliata – lo Ius Italiae – è stato Antonio Tajani a fare politicamente un passo in questa direzione. Tajani, che è segretario di Forza Italia (centrodestra), ha avanzato questo progetto di legge in modo non concordato con le altre forze politiche che reggono il governo di Giorgia Meloni. Il contenuto della proposta – oltre che il modo in cui questa è stata avanzata – ha irritato parecchio la Lega, partito di destra con posizioni fortemente anti-immigrazione. Più aperto a una possibilità di dialogo si è mostrato Fratelli d’Italia (destra), il partito della premier Meloni; atteggiamento forse frutto di un tentativo di differenziazione dalla Lega, visto che i due partiti pescano da un elettorato molto simile – in molti tratti sovrapponibile – e si trovano quindi spesso in competizione tra loro. In sintesi la proposta di Tajani prevede «che lo straniero nato in Italia o lo straniero che arriva in Italia entro il compimento del quinto anno di età, che risiede ininterrottamente per dieci anni in Italia e frequenta e supera le classi della scuola dell’obbligo – cinque anni di elementari, tre anni di medie, due di superiori – può ottenere la cittadinanza italiana a 16 anni. Finché è minorenne la richiesta deve essere fatta da un genitore. Se il genitore non esercita questa facoltà, il ragazzo (o la ragazza, ndr) potrà chiedere la cittadinanza al compimento del 18esimo anno».

Tornando al Rapporto Caritas-Migrantes 2024, dall’analisi svolta emerge che la provincia di Catania è al terzo posto tra le province siciliane per numero di alunne e di alunni stranieri: Ragusa è prima (6177), Palermo seconda (5194). In tutta la Sicilia gli alunni e le alunne straniere sono 28.738. La provincia di Ragusa è prima anche nella graduatoria relativa all’incidenza degli alunni stranieri sul totale della popolazione studentesca (13 per cento), seguita da Messina (4,9 per cento) e da Trapani (4,6 per cento). Un ulteriore approfondimento riguarda la provincia di Catania: circa la metà degli alunni e delle alunne con cittadinanza non italiana (2485) hanno provenienza europea; di questi, 1270 sono originari di Paesi dell’Unione europea. Il secondo continente più rappresentato è l’Asia, con 1202 studenti, «probabilmente – dice il commento al Rapporto – anche per la presenza delle comunità dello Sri Lanka e del Bangladesh, che sono tra le più numerose in città. Poi l’Africa, con 1134 studenti.

«Inoltre – dice Simone Varisco, che è uno dei curatori dell’edizione nazionale del Rapporto Caritas-Migrantes – negli ultimi anni è cresciuto il numero di bambini e ragazzi non accompagnati e rifugiati. La complessità di queste presenze fa emergere nuovi bisogni e pone domande al sistema scolastico e formativo. In questi anni – continua Varisco – la scuola ha fatto passi avanti sui temi dell’accoglienza e dell’integrazione, tuttavia divari e criticità permangono ancora, anche per gli studenti provenienti da
contesti migratori, ma nati e cresciuti in Italia. Sono il 64,5 per cento sul totale degli alunni con cittadinanza non italiana – conclude Varisco – e sono in progressivo aumento».


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