Tra le motivazioni addotte per il violento sgombero del CPO Experia di Catania, la necessità di assegnare la struttura allUniversità. Ma Nunzio Rapisarda, direttore dellErsu, precisa: dal 1999 sono stati abbandonati tutti i progetti in questa direzione
Rapisarda: «Discorso chiuso da dieci anni»
Fin dalle primissime ore dopo lo sgombero del Centro Popolare Occupato Experia, si è sparsa la voce che i locali dell’ex Casa del Balilla, “liberati” dagli occupanti, sarebbero dovuti andare in affidamento all’Ersu, per venire incontro alle esigenze di posti letto e mense che ciclicamente si ripresentano. Un’ipotesi, questa, che era già stata avanzata dagli esponenti politici che, nei mesi scorsi, avevano chiesto a gran voce lo sgombero della struttura. Un’ipotesi che è stata ribadita in questi giorni dal Soprintendente Gesualdo Campo.
Ma esiste davvero un progetto per affidare all’Ersu i locali dell’Experia? Che ci fosse, in passato, è vero. I locali infatti sarebbero dovuti passare all’ente già nel 1985. È trascorso quasi un quarto di secolo. E non risulta che l’Ersu abbia avanzato negli ultimi mesi, e negli ultimi anni, nessuna richiesta. Per saperne di più abbiamo intervistato il direttore dell’Ente, dottor Nunzio Rapisarda.
Direttore, per diciassette anni, l’Experia è stato un Centro Popolare Occupato. Quanto tempo fa l’immobile è stato destinato all’Ersu?
«Nel giugno 1985, con il dpr 246, l’Opera Universitaria è diventata di competenza della Regione ed ha cominciato la sua nuova attività. In quel decreto si diceva anche che agli enti come il nostro sarebbero stati assegnati tutti i beni dell’ex GIL, Gioventù Italiana del Littorio. Immediatamente, ci siamo messi in contatto con la Regione per capire se questi ultimi fossero utilizzabili, e quanto rapidamente. Uno degli immobili presi in considerazione era, appunto, l’Experia. Abbiamo fatto diverse riunioni, nel corso degli anni, e ci siamo resi conto che la fruibilità dell’edificio sarebbe stata molto dilazionata nel tempo, per diverse ragioni: era stato occupato, era una struttura fatiscente e c’era il problema della scuola Manzoni, che era già stata resa operativa dal Comune. Il discorso cadde lì. La scadenza non era a breve termine e noi avevamo bisogno di erogare servizi in tempi ragionevoli. Verso la fine del 1999 abbiamo abbandonato ogni pensiero sull’Experia. A gennaio di quest’anno ho incontrato il sovrintendente ai Beni Culturali Gesualdo Campo a un concerto dell’orchestra dell’Ersu. Si è complimentato e mi ha chiesto se noi disponessimo di un auditorium. Alla mia risposta negativa, lui ha affermato che avremmo potuto averne uno, raccontandomi l’intervento sull’Experia, sostenendo di avere un finanziamento e di essere in condizione di mettere in sicurezza l’edificio».
Vi siete incontrati altre volte?
«Non ci siamo più visti da allora. L’argomento lo consideravo chiuso, ma poi c’è stato il cruento sgombero dei giorni scorsi. I contatti con gli studenti per noi sono abituali, siamo perfino avvezzi alle occupazioni, per evitare le quali cerchiamo delle soluzioni. L’azione a manganellate c’è parsa violenta… Per ripristinare una situazione di diritto si potevano usare mezzi più morbidi nei confronti dei ragazzi e si poteva discuterne a monte, evitando l’uso della forza».
Che destinazione avete previsto per i locali dell’ormai ex CPO?
«Non ho ancora visto la planimetria, ricordo il posto perché lo frequentavo quand’era ancora un cinema. So che ci sono degli spazi accanto che possono essere adibiti a servizi per il quartiere, ma ogni progetto dipende da cosa, nei fatti, viene sgombrato e quindi riportato sotto il possesso effettivo della Regione. È quasi impossibile che lì si possa creare una residenza, ma magari delle sale di distribuzione pasti, che non incidono tanto sulla struttura che, per via del valore storico, probabilmente non potrà essere modificata».
Il dpr 246 prevede l’assegnazione dell’intero immobile, però. Pure della parte adesso adibita a scuola…
«Nell’85, quando è stata pensata la legge, non si teneva conto del fatto che i beni di cui si parlava fossero già utilizzati dai comuni. La Manzoni ha ancora dei locali, e li manterrà».
Quindi non avete intenzione di avanzare richieste sulla scuola Manzoni?
«Diamo il tempo alla sovrintendenza di lavorare. E’ possibile che il loro intervento tocchi anche pezzi della scuola, sebbene, in base a quanto ho appreso dai giornali, pare che ci si limiterà all’area dell’ex cinema Experia. Comunque, non ho visionato il progetto e non so quali intenzioni si abbiano. Ci si muove in una zona con grossi giacimenti culturali, quindi la cautela è d’obbligo».
A tal proposito, l’ex convento della Purità rientra nel programma dei restauri a favore dell’Ersu?
«Non ne ho idea. Recuperare gli spazi è importante, ma bisogna farlo con attenzione. Tra l’altro, quelli dell’ex convento della Purità sono ambienti chiusi da molti anni e non sono dell’ex GIL. Se sono entrati a far parte del demanio regionale, è possibile che l’ampliamento sia previsto anche in quella direzione».
L’Ersu è in condizioni economiche tali per poter gestire al meglio un posto come l’Experia?
«Il nostro bilancio, purtroppo, non è un granché. I nostri fondi provengono per un terzo dalla Regione, per un terzo dallo Stato e per un terzo dalle tasse degli studenti. Quest’ultimo è quello che gestiamo più liberamente per spese ed investimenti a favore degli studenti. È inutile dire che per pensare a dei grandi progetti abbiamo bisogno dell’aiuto esterno: la Regione è una possibilità, oppure si può chiedere l’aiuto dei privati, delle banche, con mutui e prestiti pluriennali. In ogni caso, senza progetti, non possiamo ancora programmare niente».
(Foto di Giovanni Battaglia)