A Randazzo, da questa mattina, sono arrivati i commissari per verificare eventuali «collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso». A fare luce sulla riorganizzazione del clan Laudani nella cittadina medievale del Catanese, a ottobre, è stata l’inchiesta antimafia denominata Terra bruciata. Trenta persone, ritenute affiliate o contigue ai Mussi i ficurinia, con a capo Salvatore Turi Sangani, destinatarie di misure cautelari. Il processo si è aperto all’inizio del mese e la prossima udienza è già stata fissata per lunedì 27 marzo. Dall’indagine sono emerse anche ipotesi di scambio elettorale politico-mafioso con riferimento alle elezioni comunali del 2018. Qualche settimana fa, inoltre, in un terreno in contrada Dagala Longa all’interno del parco dell’Etna nel territorio di Randazzo di proprietà di Sangani (che al momento si trova in carcere proprio per l’inchiesta Terra bruciata) sono stati ritrovati sottoterra due fucili perfettamente funzionanti. Le armi erano interrate in un fossato coperto da pietre in un terreno sottoposta a vincolo paesaggistico in cui, oltre al pascolo abusivo di bestiame e alla costruzione abusiva di fabbricati per gli animali, sarebbero stati organizzati anche incontri per definire le attività illecite.
Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, a partire dal 2008, Turi Sangani si sarebbe sostituito al fratello Oliviero – detenuto per triplice omicidio – nella gestione del clan. Sim intestate a cittadini stranieri e nomi in codice sarebbero serviti per mantenere una fitta rete di contatti telefonici utili a gestire le varie attività, dal traffico di droga alle estorsioni. Sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti era finita anche l’attività politica nella cittadina medievale, con particolare riferimento alle Amministrative del 2018: sono emerse, infatti, «interferenze del gruppo nei confronti del sindaco Francesco Sgroi, del presidente del Consiglio Carmelo Scalisi e dell’ex consigliere Marco Crimi Stigliolo». Quest’ultimo è anche cugino di Giovanni Farina, ritenuto appartenente ai Mussi i ficurinia con un ruolo di spicco all’interno dell’organizzazione mafiosa.
«Te lo dico bello chiaro e tondo: Francesco è salito perché si è comprato i voti […] Ha uscito (ha tirato fuori, ndr) i soldi, altrimenti non saliva (sarebbe stato eletto, ndr)». Il Francesco a cui si fa riferimento in questa conversazione intercettata e finita nelle carte dell’inchiesta sarebbe, secondo gli inquirenti, il sindaco di Randazzo, che è stato anche candidato alle ultime elezioni regionali nella lista Popolari e Autonomisti. Secondo la ricostruzione, Sgroi e Stigliolo in cambio del voto avrebbero promesso a Farina un posto di lavoro nella ditta Ecolandia Srl, addetta alla raccolta dei rifiuti a Randazzo. E, in effetti, quando Sgroi viene eletto sindaco, Farina ottiene un contratto a tempo determinato per quattro mesi. Un’assunzione che per gli inquirenti sarebbe stata legata «principalmente al suo carisma criminale». La stessa promessa e sempre nella stessa ditta di rifiuti sarebbe stata fatta dal consigliere e di nuovo candidato Carmelo Tindaro Scalisi a Samuele Portale, braccio destro e nipote di Turi Sangani. Oltre al posto di lavoro, però, a lui sarebbe stata assicurata anche una casa popolare.
Soprattutto su questi aspetti adesso dovrà fare chiarezza la commissione prefettizia che si è insediata al Comune di Randazzo su disposizione della prefetta di Catania Maria Carmela Librizzi che, a sua volta, ha avuto la delega del ministero dell’Interno. Come previsto dal testo unico per gli enti locali, i commissari avranno tre mesi di tempo (prorogabile per altri tre mesi) per effettuare tutti gli accertamenti necessari e presentare una relazione conclusiva alla prefettura etnea.
Aggiornamento delle 17.30. Riceviamo e pubblichiamo una nota del sindaco di Randazzo Francesco Sgroi: Insieme con il presidente del Consiglio comunale di Randazzo Carmelo Scalisi abbiamo appreso con
serenità la notizia dell’insediamento della commissione prefettizia, chiamata a verificare l’eventuale
sussistenza, fra gli atti del comune di Randazzo, di elementi contrari al rispetto della legalità.
Sappiamo che si tratta di un atto dovuto a seguito dell’operazione “Terra bruciata” che ci ha visti coinvolti,
ma da cui abbiamo sempre dichiarato, in tutte le sedi, la nostra più totale estraneità.
Alla commissione, di conseguenza, come è già stato con le autorità inquirenti e con la magistratura,
assicuriamo tutta la collaborazione possibile, affinché possa anch’essa avere prova della nostra personale
estraneità ai fatti oggetto d’indagine per i quali peraltro, la procura distrettuale di Catania ha avanzato al
giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Catania richiesta di archiviazione.
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