Randagismo, la Regione non presenta i dati e perde i fondi «Il solito ping pong di responsabilità fa saltare scadenza»

«Come capita spesso, non c’è un cattivo o un colpevole. È una questione di meccanismi e sistemi di conflitti di responsabilità tra varie realtà». Questa volta, al di là della ricerca di un capro espiatorio, come spiega a MeridioNews il deputato M5s Salvatore Siragusa, la questione riguarda la mancata comunicazione al ministero della Salute dei dati regionali sul randagismo che non permette alla Regione di partecipare alla distribuzione delle risorse di un fondo istituito per la tutela del benessere e per la lotta all’abbandono degli animali da compagnia. «Senza potere quantificare il fenomeno, non sappiamo nemmeno la cifra che abbiamo perso. Eppure, il randagismo è un problema che tocca, pur se in maniera diversa, praticamente tutta l’Isola», sottolinea il pentastellato che è anche vicepresidente della commissione speciale d’inchiesta all’Ars sul fenomeno del randagismo in Sicilia.

Per l’anno 2020 a mancare all’appello nell’elenco pubblicato sul sito del ministero della Salute sono i dati della Regione che riguardano il numero di ingressi dei cani nei canili (cioè il numero di cani vaganti catturati sul territorio), le cifre dei cani dati in adozione e anche il dato sui gatti sterilizzati dal Servizio sanitario nazionale. «Questo comporta un grave danno a livello economico che si ripercuote sulle politiche di prevenzione di questo fenomeno nei nostri territori», fa notare Siragusa che è il primo firmatario di una interrogazione sul tema presentata per chiedere chiarimenti al presidente della Regione Nello Musumeci e all’assessore alla Salute Ruggero Razza. «Inoltre – aggiunge – vogliamo anche sapere se per l’anno 2021 la raccolta di questi dati sia già in corso». Al momento, una risposta ufficiale non è ancora arrivata e nemmeno da interlocuzioni informali si è riusciti a venire a capo delle motivazioni. 

«Gli elenchi con questi dati da inviare al ministero – spiega il deputato – li dovrebbero raccogliere le diverse Asp territoriali. Ma, se c’è una colpa, io credo sia di un modus operandi per cui si procrastina di continuo e – aggiunge – i vari enti, dalle Aziende sanitarie alla Regione e dai Comuni alle città metropolitane, si rimpallano le responsabilità perché non è mai chiaro chi deve fare cosa». E, intanto, il fenomeno in Sicilia diventa sempre più importante. Anche se manca un quadro preciso della situazione (perché, appunto, i numeri non ci sono), si può dedurre l’entità del problema dai cani che vagano per i centri e le periferie di molte città siciliane. «Ci sono due fonti diverse del randagismo – dice Siragusa – da una parte, c’è quello metropolitano che dipende dal fatto che chi adotta un animale non sempre è consapevole del fatto che non è un giocattolo e, dall’altro, il randagismo rurale: nelle zone di campagna – analizza il deputato – manca completamente la cultura della sterilizzazione per cui chi ha un cane da caccia o da guardia poi finisce per abbandonare i cuccioli». 

Il risultato sono piazze, strade e autostrade in cui gli animali si ritrovano a vivere, spesso radunati in branchi. «Diventa un problema per i cani che vivono in condizioni precarie e, quando sono affamati, possono anche diventare un pericolo per i cittadini. In più, diventa una questione con cui le amministrazioni si trovano a fare i conti (perché la responsabilità degli animali randagi ricade sul sindaco, ndr) senza avere le risorse per poterla affrontare». Per questo, dopo avere ammodernato e ampliato la legge 15/2000 – quella sull’istituzione dell’anagrafe canina, le norme per la tutela degli animali da affezione e la prevenzione del randagismo – la commissione speciale all’Ars aveva chiesto «uno stanziamento di 10 milioni di euro che, però – lamenta Siragusa – abbiamo sempre difficoltà a farci finanziare». 

Marta Silvestre

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