La marijuana presa a Catania e trasportata fino al capoluogo ibleo con auto noleggiate e staffette per controllare. Poi distribuita a intermediari sottopagati per la gestione della vendita. Tra i clienti anche minorenni. Due indagati in carcere e sei ai domiciliari
Ragusa, smantellata rete di spaccio con base al fast food Droga consegnata a domicilio con scorta di moglie e figlia
È stata denominata Fast Food l’operazione antidroga dei carabinieri di Ragusa, coordinati dal sostituto procuratore Monica Monego. Il blitz ha smantellato la rete di spaccio che aveva tra i suoi clienti anche minorenni e la sua base in un fast food. Per due indagati è stata disposta la custodia in carcere, per sei gli arresti domiciliari, per un altro l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Altre quattro persone hanno ricevuto un avviso di garanzia. Tutti hanno tra i venti e trent’anni, fatta eccezione per un 44enne.
Stando a quanto accertato durante la fase delle indagini – partite a novembre del 2019 – la banda si sarebbe occupata dell’acquisto di ingenti quantità di marijuana «mai inferiori al chilo», come affermano gli inquirenti, e della vendita al dettaglio. Il rifornimento di droga veniva effettuato a Catania con un sistema ben collaudato: auto noleggiate e staffette che controllavano la presenza di eventuali posti di blocco o pattuglie delle forze dell’ordine sulla strada del rientro. La seconda fase era quella dello stoccaggio: una volta a Ragusa, la marijuana sarebbe stata stoccata nell’abitazione del principale indagato – Giovanni Randazzo – che la rivendeva (non meno di 100 grammi alla volta), ad altri che si sarebbero prestati a fare da intermediari in cambio di poche centinaia di euro, quasi solo una sorta di rimborso per il disturbo. Da lì la marijuana sarebbe finita poi anche a Comiso, Vittoria, Santa Croce Camerina e Marina di Ragusa.
Gli inquirenti hanno definito «spregiudicato» l’ideatore dello spaccio: l’uomo avrebbe consegnato direttamente a domicilio lo stupefacente ai propri collaboratori e, per non destare sospetti, avrebbe portato con sé anche la moglie e la figlia. Con questo espediente di usare le due donne come copertura, per molti mesi, avrebbe evitato che la sua abitazione fosse individuata dagli inquirenti. Questione di cui avrebbe fatto un vanto.
Stando a quanto ricostruito dai militari, l’età dei consumatori si sarebbe abbassata. Il colonnello Gabriele Gainelli ha spiegato che gli spacciatori sarebbero andati alla ricerca di clienti «nei luoghi di naturale aggregazione». Durante la fase delle indagini sono stati coinvolti anche i genitori dei minorenni. «In una circostanza – ha riferito Gainelli – uno di loro, in lacrime, ha chiesto al figlio: “Cosa ti ho fatto mancare?“, e la risposta è stata: “Ma papà, lo fanno tutti“». La sostituta procuratrice Monica Monego ha sottolineato che per quanto riguarda i pusher si tratta di «soggetti che operano ciascuno per conto proprio. Insomma, una rete vivace ma con un vincolo organizzativo non stabile».
La gip di Ragusa Eleonora Schininà ha disposto la custodia cautelare in carcere per Giovanni Randazzo (27 anni) e Lamin Sanyang (22 anni); ai domiciliari Nunzio Mugliarisi (35 anni), Giovanni Barrano (28 anni), Anthony Calabrese (26 anni), Alessio Solarino (35 anni), Francesco Salis (44 anni), Gabriele Collodoro (28 anni); obbligo di firma per Majri Montasar (26 anni). Altri quattro pur non essendo destinatari di misure restrittive, sono stati coinvolti nell’operazione.