Ragusa, morìa di pesci lungo il fiume Irminio Legambiente: «Strana fanghiglia». Via a indagini

Una moltitudine di trote, carpe e anguille morte lungo il fiume Irminio, in provincia di Ragusa. Alcuni ritrovati persino sulle pietre, «come se fossero schizzati fuori dall’acqua per sfuggire ad un’alterazione improvvisa e potente», denunciano i presidenti di Fipsas e Legambiente Ragusa. Il decesso improvviso e anomalo dei pesci, compresi quelli appartenenti alle specie più resistenti, sarebbe per l’associazione ambientalista un chiaro segnale di inquinamento del corso d’acqua. 

I volontari, durante le azioni di monitoraggio, hanno ritrovato gli animali senza vita a poche centinaia di metri dalla diga di Santa Rosalia, il bacino idrico artificiale costruito poco più di trent’anni fa. La vallata è parte del Sito di Interesse Comunitario, «una zona fino ad oggi mai gravemente colpita, a differenza di altre», commenta preoccupato Antonino Duchi, presidente di Legambiente Ragusa. «Sulle cause della moria, ad oggi non possiamo formulare ipotesi, se prima non si provvede ad una seria analisi delle acque», continua Duchi, segnalando però la presenza di «strana fanghiglia», notata anche in passato. Secondo il comunicato congiunto, le motivazioni del tragico evento sarebbero legate «in modo diretto o indiretto alla presenza dell’invaso», escludendo l’ipotesi di «uno scarico volante momentaneo abusivo». La quale è però «una pratica illegale, pericolosa e consuetudinaria», afferma un volontario ambientalista, sottolineando che «non sarebbe la prima volta in cui vengono riversati rifiuti tossici nel fiume». Nei dintorni si sviluppa un tessuto economico fatto di allevatori, agricoltori e piccole industrie.

La dirigente della sezione provinciale dell’Arpa, Lucia Antoci, attende esclusivamente lo svolgimento delle indagini (in corso) da parte della polizia provinciale, a cui offrono supporto per le analisi. Negli anni precedenti numerose sono state le denunce di corruzione dello stato naturale dell’ecosistema dell’Irminio. Durante l’inverno del 2013, il capoluogo ibleo era persino rimasto a corto d’acqua per settimane. Il corso del fiume era stato inquinato da un torrente affluente e l’approvvigionamento da due dei sei pozzi di Ragusa era stato sospeso. Inoltre l’Arpa, in seguito al monitoraggio di pochi anni fa, ha affermato che lo stato dell’invaso di Santa Rosalia era da ritenersi «probabilmente a rischio», con acque «risultate non conformi (…) per i valori dell’ossigeno disciolto e per la concentrazione dei floruri, con superamenti anche per il manganese, i nitrati e il BOD5». La relazione si concludeva con l’invito, rivolto alla Regione, a provvedere ad «opportune azioni di risanamento necessario».

Negli anni sono state anche denunciate pratiche di vandalismo e bracconaggio; nonostante i continui appelli alla tutela, il fiume Irminio è soggetto a gravi forme di inquinamento. Il controllo della rete idrica è compito del corpo forestale e della polizia provinciale, mentre alla gestione del bacino di Santa Rosalia è deputato il Consorzio di Bonifica 8 di Ragusa. Guidato da Giovanni Cosentini, ex vicesindaco con l’amministrazione Di Pasquale, il direttore generale più pagato in Sicilia tra tutti i consorzi di bonifica – l’ente rischia il dissesto finanziario, mentre i dipendenti non percepiscono stipendi da più di sei mesi.  


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