Racconti di mestruazioni e altri tabù

Quando Il secondo sesso fu pubblicato, un critico autorevole disse che leggendolo si sarebbe scoperto tutto della vagina della sua autrice. Non era ovviamente vero, sebbene Simone De Beauvoir fosse tra le prime a scrivere del corpo femminile, della sua sessualità e persino delle mestruazioni. Ma una scrittura in prima persona, un racconto autobiografico, liberatorio, non c’era ancora e sarebbe mancato per molti anni. Sulla vagina ormai da qualche tempo abbiamo i celebri Monologhi di Eve Ensler. Sulle mestruazioni è stato scritto pochissimo, vi stupirebbe sapere quanto. Da qualche settimana, è finalmente disponibile Son tornate. Racconti di mestruazioni e altri tabù, amorevolmente curato da Serena Maiorana per la catanese Villaggio Maori Edizioni. Una raccolta di dodici racconti di altrettante autrici di diversa età e provenienza che si interrogano sul proprio rapporto con le mestruazioni. Che è differente, per ognuna di loro: tutte però hanno dovuto fare i conti con il tabù che ancora oggi in quei giorni fa dire a molte di noi: «Ho mal di pancia». Chiedere un assorbente sussurrando se ne siamo sprovviste. Oppure, se il contesto è formale, incompatibile con quel mal di pancia che ci farebbe istantaneamente somigliare a bambine di pochi anni che hanno fatto incetta di caramelle, ricorrere all’elegante circonlocuzione: «Sono indisposta». E solo se proprio ci sentiamo coraggiose, o semplicemente sfinite da tutte quelle spiegazioni che non spiegano, ammettere di avere «il ciclo». Le mestruazioni non le nominiamo mai. Già.

Dopotutto, però, perché andrebbero nominate? Proverò a rispondere a questa domanda avvalendomi non delle argomentazioni più discusse, che sono essenzialmente due: la tesi quantitativa («riguardano più della metà della popolazione», cui di solito si ribatte che la defecazione riguarda la totalità), e quella nobilitante («riguardano la riproduzione») che, vi confesso, hanno poca presa su di me. Di mestruazioni bisogna parlare perché è sulle mestruazioni che si è teorizzata l’inferiorità femminile. È per via di quelle che, nel corso dei secoli, siamo state considerate pazze, deboli, inaffidabili, infette o impure, guardate con sospetto, relegate ai margini. La sociologa Graziella Priulla, che di questo libro ha scritto la prefazione, l’ha sintetizzato bene come al solito: «Quel sangue esecrabile e impuro è il marchio di una differenza che volge in minorità». Non è storia che appartiene a molti secoli fa. Fino al 1963, l’esclusione delle donne dalla magistratura era motivata anche dal ciclo mestruale, che le rendeva almeno per cinque giorni al mese incapaci di giudicare, come sostenne tra gli altri pure un ex presidente della Repubblica, Giovanni Leone. Ancora oggi, troppe e troppi credono che il flusso mestruale dia alle donne il potere di far avvizzire le piante, di non far lievitare un dolce, o semplicemente renda loro impossibile andare dalla parrucchiera a farsi un colore perché tanto non prenderà mai.

Per superare il silenzio che ci blocca quando dobbiamo pronunciare quella parola di dodici lettere: mestruazioni, e quel senso d’inferiorità millenario di cui è insieme causa e simbolo, leggete Son tornate. Vi aiuterà. In più, per scelta di chi lo ha scritto i diritti d’autrice sono interamente devoluti al centro antiviolenza Thamaia di Catania.

Consigliato se: vuoi recuperare un rapporto più stretto col tuo corpo o capire perché per tante donne è importante parlare anche di mestruazioni

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Vera Navarria, vicepresidente dell’associazione Arcigay Catania ed editor per la casa editrice Villaggio Maori, ci darà consigli di lettura per arricchire il nostro spirito e curare la nostra anima.


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