Quale Università? Contro il DDL e oltre

E’ stata ospitata mercoledì 8 marzo, in un’aula della Facoltà di Farmacia, un’assemblea di presidi, docenti e ricercatori universitari, organizzata dall’ANDU, l’Associazione Nazionale dei Docenti Universitari, dal titolo “Quale Università?”. Titolo senza dubbio significativo perché racchiude in una battuta il senso generale del dibattito scaturito tra i partecipanti all’assemblea. Dibattito che si inserisce pienamente nel più ampio movimento di protesta che da mesi coinvolge sempre più il mondo universitario che si sente danneggiato dal DDL: professori, ricercatori, e soprattutto precari e studenti. Un movimento che, per la prima volta, ha coinvolto moltissimi Organi locali e nazionali come il CRUI, e che sta ricorrendo a forme di protesta molto forti come la sospensione dell’attività didattica, l’occupazione di Facoltà e di Dipartimenti, fino alle dimissioni dalle cariche accademiche.

Molti i temi trattati dall’assemblea: la questione dei crediti e del “valore legale della laurea”, la cui diversità da Ateneo ad Ateneo crea non pochi disagi a chi voglia cambiare o prendere la specializzazione in un altro Ateneo italiano; la dequalifica della didattica dopo l’attuazione della  formula del “3+2”; il mancato adeguamento della struttura universitaria italiana al mondo del lavoro; il problema dei precari e dei ricercatori nelle Università Italiane, la mancanza di fondi certi per l’Università e, infine, le proposte dell’ANDU su docenza e governance. Nunzio Miraglia, coordinatore nazionale dell’ANDU, si è soffermato, infatti, sulla necessità di creare un Organo unico di autogoverno composto da docenti universitari e da cospicue rappresentanze dei tecnico-amministrativi e degli studenti, elette direttamente dalle rispettive categorie, che rappresenti il Sistema Nazionale delle Università Italiane.

E’ il Magnifico Rettore ad aprire, però, il dibattito con un breve ma incisivo riepilogo dei molti problemi che affliggono l’Università Italiana, soprattutto dopo la Riforma Moratti: «Bisogna creare un dibattito sereno e produttivo per riorganizzare il sistema universitario. Si impone, oggi più che mai, la necessità di una rivisitazione delle leggi che coinvolgono le Università, in particolare della legge 382, visto che sono passati ben venticinque anni dalla sua creazione, trovandone pregi e difetti. Perché mi sembra che oggi l’Università invece che andare avanti stia andando indietro e viva tra mille difficoltà. Oggi l’Università non può essere messa da parte o abbandonata perché è l’unica Istituzione che attraverso la cultura, la formazione e la ricerca è deputata al rilancio e allo sviluppo del nostro Paese».

Dopo di lui il Preside della Facoltà di Farmacia, il prof. A. Vanella, si è soffermato sui «misfatti» della Riforma Moratti, in particolare sul fallimento della formula del “3+2”, sulla profonda crisi strutturale delle Università Italiane e sulla necessità di ringiovanimento della docenza universitaria, visto che entro il 2017 secondo i suoi calcoli 1 docente su 2 lascerà l’Università.

Gran parte del dibattito ha riguardato poi, il delicato problema dei fondi da destinare all’Università, tema già affrontato nel suo discorso iniziale dal Rettore Latteri: «Nell’arco di 5 anni abbiamo assistito ad un continuo stillicidio dei fondi all’interno del mondo universitario, da cui è derivata una svalutazione economica che coinvolge direttamente il personale. E’ stato recentemente approvato il contratto del personale tecnico-amministrativo, ma le risorse economiche per coprire questo contratto sono a spese degli Atenei». 
La causa della mancata attenzione verso il mondo universitario, come sostenuto sia dal Rettore sia dal prof. Ronsisvalle, è da ricercare nello spostamento dell’asse dell’attenzione pubblico-privato a favore del privato che incide negativamente sulla gestione dell’Università Italiana penalizzando, tra le altre cose, il settore ricerca e della formazione. Settori questi che dovrebbero invece essere sempre protetti perché rappresentano l’unica garanzia per la sopravvivenza intellettuale del nostro Paese.

Chiara Nicotra

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