«Mi piacciono i colpi di scena». Adolfo Messina ha rassegnato – tramite una lettera che verrà protocollata lunedì prossimo – le proprie dimissioni dal ruolo di presidente di Pubbliservizi, la società partecipata dell’ex provincia etnea, ora passata all’Area Metropolitana di Catania. «È una decisione irrevocabile che nasce dalle incomprensioni con l’attuale dirigenza dell’ente guidato da Enzo Bianco e dai dirigenti», precisa l’ex consulente del presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta nonché giornalista di professione. «Da domani tornerò a fare il mio lavoro, quello che mi piace veramente», commenta.
«La mia presenza non è gradita all’attuale governance della Città Metropolitana. Un impegno si può portare avanti solo quando c’è serenità e così non riesco a proseguire», spiega Messina. Che entra nel dettaglio. Affermando che alla base della decisione ci siano i problemi legati al bilancio di Pubbliservizi. Un documento «che la società ha licenziato il 22 giugno scorso e che entro lo stesso mese doveva essere approvato ma la Città Metropolitana ha avuto un atteggiamento ostativo e l’approvazione manca ancora. Mettendo così a rischio 400 posti di lavoro», racconta. «Ieri ho partecipato a un lungo consiglio d’amministrazione della società dal quale sono venute fuori otto pagine di verbali in cui il Cda cristallizza il dissidio con l’ente socio», riferisce l’ex numero uno della partecipata.
I problemi nascono «da una serie di fatture che noi riteniamo illegittime e, supportati da pronunciamenti della Cassazione e da sentenze della Corte dei conti, abbiamo stralciato. Ovvero, le abbiamo tolte dal bilancio e non le abbiamo messe in pagamento», racconta l’ex dirigente. Un atto che avrebbe trovato in disaccordo l’ente socio «che non ha approvato il documento contabile di Pubbliservizi», precisa Messina. Dopo avere firmato il verbale, l’ex numero uno ha lasciato sul tavolo la lettera di dimissioni. Un «atto dovuto al dissidio con il supersindaco Bianco. Ho provato ad appianare le divergenze ma – prosegue – non me n’è mai stata data la possibilità per cui tolgo il disturbo se devo arrecare danni all’azienda».
E lui non ha dubbi. «È la politica che ha voluto questo», dice. La decisione «non ha nulla a che fare con la storia dei proiettili di ottobre», precisa. Due mesi fa, infatti, Messina ha trovato un finestrino dell’auto con cui si recava regolarmente in ufficio spaccato da due colpi, pare provenienti da una calibro 7,65. Un’occasione in cui attorno alle presunte minacce al dirigente si è stretta una parte della politica dell’isola, capeggiata da Crocetta.
«Non ho ancora parlato con lui delle mie dimissioni ma so che già che sarà contrario, qualche settimana fa mi aveva detto di non farlo», dice Messina. La cui affermazione farebbe pensare a una certa ponderazione in una decisione non proprio dell’ultimo momento. Ma «poiché non si è dimesso Bianco, sono stato costretto a farlo io», precisa. «Si vocifera di un incarico romano per cui avrebbe lasciato Pubbliservizi. È così?», domandiamo. «No comment», replica Messina.
La società partecipata della ex provincia è stata spesso al centro dell’attenzione. Alla fine di settembre era trapelata la notizia delle indagini della procura etnea sulla gestione dagli anni 2013 al 2015. Un’inchiesta che sarebbe partita proprio da una denuncia che Messina avrebbe presentato alla magistratura, sottolineando alcune anomalie nella liquidazione di fatture e compensi. Per il momento sarebbero dieci le persone iscritte nel registro degli indagati dai procuratori Michelangelo Patanè e Fabio Regolo, che se ne stanno ancora occupando.
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