Psr Sicilia/ Dopo il danno la beffa: una mega campagna cartellonistica per promuovere il nulla

IN GENERE SI PROMUOVE QUALCOSA CHE SI CONOSCE. O CHE SI VUOLE FARE CONOSCERE. MA DEI 2,1 MILIARDI DI EURO DEL PIANO DI SVILUPPO RURALE NON SI CONOSCE NULLA. ALLORA A CHI SERVONO I CARTELLONI CHE CAMPEGGIANO ALL’AEROPORTO DI PALERMO-PUNTA RAISI? A CHI LI HA REALIZZATI? IL GOVERNO E, IN PARTICOLARE, L’ASSESSORATO ALLE RISORSE AGRICOLE CI STANNO PRENDENDO IN GIRO?

Del Psr, sigla che sta per Piano di sviluppo rurale 2007-2013, non si conosce praticamente nulla. Non parliamo di bruscolini, ma di 2,1 miliardi di euro. Soldi che sono stati quasi tutti spesi, alla faccia di chi blatera che la Sicilia non spende i fondi europei. Un fiume di denaro sparito, nessuno sa come. Perché né il Governo di Raffaele Lombardo, né l’attuale Governo di Rosario Crocetta hanno mai organizzato una conferenza stampa per raccontare ai giornalisti – e quindi ai siciliani – come sono stati spesi questi soldi. In compenso, se vi recate all’aeroporto di Palermo ‘Falcone-Borsellino’, già Punta Raisi, la troverete inondata di cartelloni che magnificano il Psr…

Siamo alla farsa? Di più: siamo alla doppia farsa. Anche nei confronti di chi, a fatica, sta cercando di capire come funzione in Sicilia il mondo della pubblicità. Perché se andate a leggere i cartelloni che campeggiano nei grandi spazi dell’aeroporto di Punta Raisi troverete i nomi dei personaggi che compaiono  nell’inchiesta del ‘grande Jack’, al secolo Fausto Giacchetto, il ‘mago’ della pubblicità siciliana.
Ma di questi ‘cartelloni’ che magnificano qualcosa che gli ultimi due Governi regionali tengono ben nascosto – e cioè il Piano di sviluppo rurale 2007-2013 per la Sicilia con i suoi 2,1 miliardi di euro – a lasciare basiti non sono soltanto i nomi dei ‘soliti noti’ della pubblicità made in Sicily, ma il significato ‘politico’ di questi cartelloni.
Sappiamo benissimo che, con l’eccezione di poche aziende, quasi tutta l’agricoltura siciliana è alla fame. Nella nostra Isola, com’è noto, prevale la piccola proprietà contadina, con aziende frammentate e polverizzate. Aziende quasi tutte in crisi tra costi di produzione in crescita, tasse insopportabili, commercianti rapaci e totale assenza di politiche regionali (basti pensare che in Sicilia non esiste una piattaforma – tanto per citare un esempio – per confezionare il pomodorino di Pachino e il datterino di Porto Palo di Pachino, prodotti che, di fatto, vengono ‘rapinati’, cioè pagati ai produttori a prezzi stracciati e rivenduti nei mercati di Bologna e Milano a prezzi sedici-diciotto volte superiori a quelli pagati agli stessi produttori siciliani).
Ebbene, davanti a uno sfascio simile, la politica siciliana ha pensato bene di gestirsi in ‘securtà’ 2,1 miliardi di euro. Soldi che, in massima parte, non sono andati ai produttori agricoli – che sono in maggioranza alla fame e che lunedì 9 dicembre scenderanno in piazza con i Forconi – ma a soggetti di cui si conosce poco o nulla.
Poiché siamo a chiusura di ‘giro’ – il Psr scade quest’anno – non resta che finire in bellezza con una campagna pubblicitaria. Per pubblicizzare che cosa se nessuno di questo Psr siciliano sa nulla? Semplice: la sigla e le solite parolone: agricoltura di qua, agricoltura di là. Insomma, oltre al danno, la beffa.
Restano le domande: quanto sta costando questa campagna pubblicitaria così ricca di cartelloni? Supponiamo che l’assessorato regionale alle Risorse agricole abbia assegnato la gestione di questa pubblicità con il ricorso ad un’evidenza pubblica. Oppure è stato fatto tutto a ‘taci maci’, pur nel pieno di un’inchiesta della magistratura che riguarda proprio la pubblicità?


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