Province, una rivoluzione delle parole che fa a pugni con i fatti

L’abolizione delle Province rischia di divenire una tempesta in un bicchiere d’acqua e la presunta attuazione dell’art. 15 dello Statuto un chiavistello magico per introdurre nuove clientele e masticare altre prebende.

Occorre fare alcuni passi indietro. Con la legge 16 del 1963 si introducono nella legislazione regionale corrente sia il termine Liberi Consorzi che quello di Provincia Regionale: Con la legge che ne approva lo Statuto, il Libero Consorzio assume la denominazione di Provincia regionale contraddistinta col nome del Comune dove ha sede l’Amministrazione consortile. Concetto ribadito dalla legge regionale n. 9 del 1986, che stabilisce: “L’amministrazione locale territoriale nella Regione siciliana è articolata, in Comuni ed in liberi Consorzi di Comuni denominati Province regionali”. (a sinistra, foto tratta da perchiunquehacompreso.blogspot.com)

Ora le Province sono demonizzate e i Liberi Consorzi esaltati. E’ in atto una rivoluzione delle parole che fa a pugni con i fatti.

Gli esempi in Sicilia non mancano. Gli Ato idrici o dei rifiuti sono nati come aggregazioni consortili per servizi da erogare ai Comuni. Solo che, invece di preoccuparsi di razionalizzare i servizi, rendere efficienti le prestazioni, realizzare economie di scala con ricadute positive sull’utenza, si sono trasformati in bancomat per gli apparati politico burocratici dei partiti. Prima ancora di dispiegare qualsiasi atto all’indirizzo delle utenze che dovevano servire, hanno disposto assunzioni, appalti, e cospicue remunerazioni dei pletorici e immancabili consigli d’amministrazione.

I Liberi Consorzi anche con i limiti che si vogliono stabilire – a cominciare dall’elezione di secondo grado – rischiano di fare la fine degli ATO. L’assenza dei limiti al loro numero aumenterà a dismisura la fantasia, e i condottieri gloriosi di cui sono piene le amministrazioni locali potranno sperimentare nuovi terreni d’espansione parassitaria

L’abolizione delle Province rischia di somigliare alla riforma della sanità del Governo regionale di Raffaele Lombardo: cambiare tutto per non risparmiare nulla peggiorando i servizi.

Se non si pongono rigidi limiti funzionali e finanziari, anche questa legge si iscriverà nello sport regionale e nazionale: cambiare nome alle cose e spacciarle per innovative, mutare le sigle per suonare la musica di sempre. L’abbandono di un popolo al suo destino, mentre nei ‘Palazzi’ ella politica ci si muove a passo di valzer.

Aldo Penna

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