Pronti a volare

Volare. C’è chi lo sogna per viaggiare, c’è chi lo sogna per sfuggire dal traffico e c’è invece chi lo sogna per professione.
Diventare assistenti di volo, i cosiddetti “steward” o “hostess”, non è un’impresa di tutti i giorni e richiede un cammino di studio e di pratica carico di responsabilità e competenze.

A tal proposito abbiamo sentito Alessandro Quattrocchi, 24 anni e residente ad Acitrezza, già tirocinante ed aspirante assistente di volo per una compagnia aerea siciliana. Durante la nostra chiacchierata ci ha spiegato i passaggi più importanti per riuscire a salire a bordo di un aereo da cabin attendant. Anche se ci tiene a precisare che i percorsi di ammissione ai corsi e di formazione variano, anche se di poco, a seconda della compagnia di volo.

La prima cosa da fare“, ci spiega Alessandro, “è inviare il Curriculum Vitae alla compagnia di volo che, una volta controllati i requisiti minimi, ti riceve per il colloquio“.
I requisiti per poter presentare la domanda di ammissione sono i seguenti: diploma di scuola secondaria superiore, ottima disponibilità ai contatti interpersonali, conoscenza delle lingue straniere (almeno inglese). Oggi, rispetto al passato, la bella presenza non è sempre tra i requisiti più importanti.

Il colloquio si svolge attraverso una presentazione, parlando delle proprie esperienze lavorative o dei viaggi studio svolti. Un’importanza rilevante è data ai lavori svolti durante la propria carriera lavorativa. La seconda parte del colloquio, invece, è dedicata alla padronanza delle lingue straniere con lettura di testi in inglese e di altre lingue conosciute.
Al termine dell’incontro è inevitabile sentirsi dire “le faremo sapere”, ironizza Alessandro, nell’attesa di una telefonata che annunci il superamento della prima prova.

Così, dopo un ulteriore colloquio e il suo superamento si inizia il corso teorico in aula della durata di un mese.
Tra le materie oggetto di studio, le più importanti sono sicuramente il primo soccorso, l’aerotecnica, la fraseologia inglese, l’equipaggiamento e le procedure di emergenza.
A queste ultime si aggiungono le tecniche di salvataggio in acqua, l’estinzione di un incendio a bordo e l’evacuazione.
Al termine del corso teorico, si inizia il tirocinio della durata di cento ore dove si mette in pratica ciò che si è studiato seppur come equipaggiamento aggiuntivo degli assistenti di volo.

Al termine del corso teorico e pratico, l’ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile) permette di fare un esame di valutazione e se superato si ottiene la certificazione che permette di lavorare con tutte le compagnie aeree in Italia. L’Italia, come altri stati europei, segue questo iter formativo che risulta essere tra i più completi.

Chiedendo al nostro giovane tirocinante i lati positivi e quelli negativi vissuti fino a questo momento, ci dichiara che “gli aspetti formativi sono ben curati. Le istruttrici sono preparate e le responsabili di volo mi aiutano molto durante il tirocinio“. “La collaborazione ha creato un ottimo rapporto tra di noi, soprattutto quando abbiamo dei dubbi“, ci confessa Alessandro, “anche se gli imprevisti non mancano mai“.

Nel lanciare un messaggio a chi vorrebbe intraprendere un percorso come il suo, Alessandro non ci nasconde: “consiglierei di fare questa esperienza a chi piace volare. Il nostro lavoro non è quello di vendere caffé ma di assistere le persone in caso d’emergenza. Non siamo camerieri dell’aria ma vigiliamo sulle persone“.
In questo settore non esiste un orario da ufficio” – continua Alessandro – “gli orari sono variabili e i ritardi capitano in qualsiasi compagnia“.

A conclusione del nostro dialogo, ci mettiamo a parlare di terrorismo e di sicurezza a bordo ed il giovane trezzoto ci dichiara che “vengono fatti dei security check anti-terrorismo soprattutto quando si fa scalo all’estero” e per quanto riguarda i passeggeri a bordo non esita a dire che “non mancano passeggeri presi dal panico oppure quelli spavaldi che non seguono le indicazioni da noi date“.

Infine, non ci resta che dire ad Alessandro “buona fortuna” per l’esame e che sia un segnale di speranza per i tanti giovani che non credono più nella famigerata frase “Le faremo sapere…”.


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