Dopo più di otto mesi di attesa e diverse manifestazioni, le associazioni cittadine si dicono oggi rasserenate dalla scelta del Csm di un nuovo reggente, esterno alla città. «Non sarà facile e c'è il rischio che venga isolato, ma lo aiuteremo», dicono. Anche perché «nel nostro piccolo ci sentiamo protagonisti» dice il coordinatore provinciale di Libera
Procura, la difficile sfida di Salvi «Non lasciamolo solo»
«In qualche modo ci sentiamo protagonisti». Un vento di cauto ottimismo soffia su Catania all’indomani della nomina del nuovo procuratore capo etneo Giovanni Salvi. Una scelta di rottura con quella che ormai era considerata quasi una tradizione: affidare la guida dell’ufficio a un magistrato catanese. O meglio una maledizione secondo diverse associazioni etnee che da mesi – con sit-in e appelli al consiglio – chiedevano che la nomina ricadesse su una personalità «di alto spessore ed esterna alla città e ai suoi giochi di potere». «Ci illudiamo che i nostri gesti siano stati presi in considerazione», spiega Giuseppe Strazzulla, coordinatore provinciale di Libera Catania. Nonostante «le difficoltà e i lunghi tempi di attesa per la nomina dimostrino che l’indipendenza della magistratura è minacciata da forti pressioni e interessi politici», sottolinea Salvatore Resca di Cittàinsieme.
Salvi è già noto a Catania come lo straniero. Leccese di nascita, classe 1952, dopo un inizio di carriera a Monza si è trasferito a Roma dove è stato prima sostituto procuratore presso il Tribunale e poi procuratore generale della Corte di Cassazione. Adesso la sua carriera continuerà a Catania: decisione che ha spaccato il Consiglio fino all’ultima votazione. In corsa con lui anche il procuratore generale di Catania Giovanni Tinebra e l’aggiunto Giuseppe Gennaro: candidature sgradite alla società civile perché considerate troppo vicine ai poteri forti della città. Una nomina, quella di Salvi, arrivata con due voti di scarto rispetto a Gennaro. Troppo poco per «essere soddisfatti al mille per mille», commenta Resca. Che però aggiunge: «Al di là dei meriti e dei demeriti degli altri candidati, Salvi era la soluzione migliore. Perché rappresenta una possibilità».
La possibilità di un cambiamento per la città che passa anche dalla procura. Un ufficio che lo stesso Csm riconosce avere un alto livello di complessità perché «ubicato in zona caratterizzata da rilevante presenza di criminalità organizzata di tipo mafioso». E le mafie sono proprio una delle specializzazioni di Salvi, insieme al terrorismo e al traffico di stupefacenti. In Italia come all’estero. Membro della direzione distrettuale antimafia romana sin dalla sua costituzione, è stato promotore di un gruppo di lavoro sul terrorismo e della creazione di una banca dati su entrambi gli argomenti. Per risolvere il problema «della condivisione informatizzata degli archivi tra le procure», scrive di lui il relatore della sua candidatura al Csm, il consigliere Francesco Cassano.
Un magistrato con un approccio moderno alle indagini, anche quelle più complesse. In Italia sono legati al suo nome soprattutto i procedimenti relativi alla strage di Ustica, alle Brigate Rosse e all’omicidio del banchiere Roberto Calvi. All’estero, le indagini sullattentato contro il vicepresidente della Democrazia Cristiana cilena. Ma nel curriculum del magistrato ci sono anche progetti di contrasto al narcotraffico per conto delle Nazioni Unite e missioni in Guatemala, Tajikistan, Iran e Afghanistan. Nessun altro candidato, scrive Cassano, «può vantare esperienze investigative in una pluralità tanto ampia e tanto rilevante di ambiti criminali, sia nazionali che internazionali».
Senza tralasciare, continua il consigliere, «la laboriosità, lassiduità della presenza in ufficio e della partecipazione alle riunioni» che, in una pubblica istituzione, di certo non guastano. Specie se accompagnate da «una disponibilità umana» di cui Salvi pare essere dotato, come racconta Strazzulla. «Il dialogo tra le istituzioni e la società civile spiega è per noi un tema fondamentale».
Eppure per la città la nomina di Salvi «è solo l’inizio dice il coordinatore di Libera -. Ci sono ancora montagne da scalare e un’aria certamente pesante. Tutti ostacoli che il nuovo procuratore dovrà affrontare». «La resistenza alle pressioni esterne dipende dalla personalità gli fa eco Resca . Ma c’è il rischio concreto che, ponendosi al di sopra di fazioni e interessi, non possa contare sulla massima collaborazione all’interno della procura etnea». Il timore è che Salvi venga presto isolato. Ma Strazzulla propone una soluzione: «Lo circonderemo di affetto personale e collaborazione pubblica».
[Foto di Aries1966]