Dal presidente della corte d'appello di palermo, grande giurista e magistrato che si e' sempre fatto apprezzare per le sue doti di correttezza e di equilibrio, non ci aspettavamo certe parole
Processo sulla trattativa Stato-mafia: perché le dichiarazioni del dottore Oliveri ci hanno deluso
DAL PRESIDENTE DELLA CORTE D’APPELLO DI PALERMO, GRANDE GIURISTA E MAGISTRATO CHE SI E’ SEMPRE FATTO APPREZZARE PER LE SUE DOTI DI CORRETTEZZA E DI EQUILIBRIO, NON CI ASPETTAVAMO CERTE PAROLE
Le dichiarazioni del presidente della Corte d’Appello di Palermo, dottor Vincenzo Oliveri, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2014, per la parte che riguardano il processo sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia lasciano un po’ stupiti.
“Si è tentato di offuscare limmagine del presidente della Repubblica – ha detto Oliveri – col sospetto di sue interferenze in un grave procedimento in corso qui a Palermo. Sospetti che i nostri giudici hanno dichiarato da subito totalmente infondati, per questo sentiamo di rinnovare al presidente della Repubblica limpegno di fedeltà alla legge e alla Costituzione, di cui egli è il supremo garante”.
Il dottore Oliveri è persona corretta e misurata. Un alto magistrato apprezzato, da sempre, per le sue doti di equilibrio e di grande giurista. Ed è proprio questo che ci ha colpito: da un personaggio pubblico come lui, che abbiamo sempre apprezzato non ci aspettavamo queste parole. Anche perché, da quello che abbiamo letto sui giornali, non ci sembra che i pubblici ministeri di Palermo Nino Di Matteo, Vittorio Teresi e Francesco Del Bene abbiano messo sotto accusa il capo dello Stato. Lo hanno soltanto chiamato in causa come testimone.
Se è nato un “sospetto” su possibili interferenze delle massime autorità istituzionali del nostro Paese su fatti gravi, ebbene, questo non è avvenuto a causa di un’inchiesta della magistratura, ma dalle telefonate dei politici di alto rango al Quirinale.
Questo è, o dovrebbe essere, un punto chiarissimo. Se si perde di vista la dinamica dei fatti si rischia di cadere nel gioco del bambino che indica la luna con il dito: con i presenti che, invece di guardare la luna – in questo caso le telefonate al Quirinale – guardano il dito…